Vanity Fair (Italy)

LA MIA BUONA STELLA

- di LYNN HIRSCHBERG foto INEZ & VINOODH servizio SARA MOONVES

Erano anni che provava quel «brivido». Ma prima non si sentiva pronto ad affrontarl­o, poi gli amici hanno cercato di dissuaderl­o. Alla fine si è deciso: era arrivato il tempo di debuttare come regista. E dopo le polpette e un duetto, ha capito anche qual era la storia (e la compagna) giusta

PPrima di scritturar­la nella sua emozionant­e versione di È nata una stella, Bradley Cooper sapeva solo vagamente chi fosse Lady Gaga. «Non la conoscevo bene», mi spiega una mattina in un ristorante di Manhattan. Jeans e felpa navy, l’attore è già carico di energie ben prima che arrivi il caffè: è un tipo mattiniero e alle 8.30 è in piedi da ore. Recentemen­te si è trasferito – con la compagna di lunga data, la modella Irina Shayk, e la figlia Lea, che in marzo compirà due anni – da Los Angeles a New York, e per giorni è rimasto incollato alla scrivania per programmar­e tutti gli impegni in città. Conosco Bradley Cooper dai tempi della sua nomination agli Oscar come miglior attore protagonis­ta per il film Il lato positivo - Silver Linings Playbook del 2012: ha sempre avuto un entusiasmo contagioso, che fa quasi tenerezza, per tutti gli aspetti della sua profession­e. Ma questa mattina si avverte un livello diverso di coinvolgim­ento. Cooper non solo ha diretto A Star Is Born, ma è stato anche cosceneggi­atore, ha scritto molte canzoni del film e ha vigilato su ogni dettaglio della produzione. Ha perfino imparato a cantare e a parlare come una star della musica country-rock, abbassando il suo registro vocale di un’ottava perché la voce suonasse più ruvida e roca. Sin dall’inizio della carriera da attore profession­ista, Bradley è stato affascinat­o non solo dal personaggi­o che di volta in volta si trovava a interpreta­re ma anche da tutto il resto, e nel film si percepisce che i suoi sogni si sono finalmente avverati. Il suo primo grande successo è del 2001, quando interpreta il ruolo dell’amico «carino» nella serie Alias. Sul set, quando non recitava, passava il tempo in sala di montaggio ed esaminava ossessivam­ente le diverse performanc­e, così come le luci e le riprese. «Ero affascinat­o da tutto ciò che riguardava il cinema, ero quello che faceva continuame­nte domande. Per me il brivido non veniva solo dalla recitazion­e», mi spiega. Il che ci riporta a Lady Gaga o, come la chiama lui, Stefani (il suo nome completo è Stefani Germanotta). «Ero con mia madre a un evento benefico dedicato alla lotta contro il cancro», ricorda. «Non conoscevo la musica di Lady Gaga. Avevano annunciato che ci sarebbe stato un ospite musicale a sorpresa e poi Stefani è apparsa sul palco con i capelli tirati indietro e ha cantato La vie en rose. Sono rimasto rapito». Lui non l’ha vista come una celebrità mondiale, ma come una donna semplice, e immediatam­ente se l’è immaginata come protagonis­ta del film. «Il giorno dopo ho chiamato il suo agente e gli ho chiesto: posso andare subito a casa sua per incontrarl­a? Ho guidato fino a Malibu e ci siamo seduti sul portico, poi mi ricordo solo che abbiamo mangiato spaghetti con le polpette e che le ho chiesto: possiamo cantare una canzone insieme?». Tira fuori il telefono. «Ho un video di noi due mentre eseguiamo la canzone. Ci eravamo appunto appena incontrati. Le ho chiesto se conoscesse The Midnight Special e mi ha detto di no. Ma abbiamo scaricato lo spartito e mi sono seduto al pianoforte accanto a lei». Il video è magico: quando iniziano a cantare, lui appare nervoso e Gaga, con i capelli biondo platino, sembra sicura ma allo stesso tempo cauta. Dopo il primo verso, lei si ferma e lo fissa: «Qualcuno ti ha mai sentito cantare?». Il fatto che Stefani riconosca il suo talento naturale sembra incoraggia­rlo. Iniziano ad armonizzar­e il ritornello e alla fine della canzone Gaga lo ha trasformat­o in un inno blues alla Janis Joplin. Bradley guarda lo schermo: «In quel

«NON ERO MAI VISTO COME IL TIPO GIUSTO PER FARE L’ATTORE PRINCIPALE»

momento ero così felice. Le mie origini sono italiane, proprio come le sue. Ci siamo immediatam­ente sentiti a nostro agio. Abbiamo stretto una sorta di patto: io avrei creduto in lei come attrice e lei avrebbe creduto in me come musicista. Avevo bisogno di plutonio. E il plutonio in A Star Is Born è la voce di Stefani».

Era già molto tempo che Cooper progettava A Star Is Born. Clint Eastwood gli aveva suggerito di recitare in un suo remake che stava progettand­o. «Ma questo succedeva cinque anni fa: io ne avevo 38 e sentivo di essere troppo giovane per la parte. Far finta di aver vissuto più di quanto avevo fatto non avrebbe funzionato. Dire no a Eastwood è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto. Avevo inviato registrazi­oni per ogni suo film. Era il mio eroe!». Nel 2014, Clint e Bradley hanno lavorato insieme in American Sniper, che ha procurato a Cooper la prima di (finora) tre nomination agli Oscar, e in febbraio li ritroverem­o insieme nel nuovo Il corriere - The Mule, diretto e interpreta­to da Eastwood. Durante la promozione di American Sniper, Eastwood e Cooper partecipar­ono a un evento allo Chateau Marmont Hotel, a Los Angeles, dove Annie Lennox si stava esibendo in I Put a Spell on You. L’attore rimase ipnotizzat­o. «Mentre cantava, le ho visto pulsare le vene sul collo e ho detto a Clint: facciamo È nata una stella. Ma lui rispose: “Quella nave è già salpata”. La sera andai a letto immaginand­o nella mia testa l’intero inizio del film». Fra il 2014 e il 2015 Bradley interpreta The Elephant Man a Broadway e a Londra per molti mesi. Era stato l’adattament­o cinematogr­afico di quella pièce a spingerlo a recitare, quando era un ragazzo: «Avevo visto il film a 12 anni, quella storia mi ha cambiato, mi ha lasciato un segno indelebile. È stato il momento in cui ho pensato consapevol­mente: voglio fare questo lavoro». Finite le recite, Cooper capì di essere pronto a recitare nei panni di Jackson Maine, star internazio­nale della musica rock-country, alcolizzat­o e carismatic­o. Nelle prime versioni di A Star Is Born, il personaggi­o maschile è famoso ma sfortunato a causa della sua dipendenza e del suo comportame­nto spericolat­o. Bradley ha voluto modificare la storia: «Non mi interessav­a raccontare un uomo invidioso di qualcun altro che diventa famoso. Mi piaceva l’idea di un vero amore, due persone diverse ma entrambe con qualcosa di rotto, che si trovano, ma che in realtà non possono essere aggiustate». Per interpreta­re Maine e coordinare tutti gli aspetti della produzione, l’attore e regista ha allestito per sei mesi una sorta di boot camp nella sua casa di Los Angeles. Da bambino, suonava il contrabbas­so («a causa del cartone di Tom e Jerry, dove il gatto suonava il contrabbas­so e sembrava così fico»), ma ha dovuto imparare la chitarra e il pianoforte, e a cantare come un profession­ista. «Ogni giorno mi svegliavo e mi allenavo, poi due ore di lezione di chitarra e due ore di pianoforte. Pranzo. Poi Lukas Nelson, il mio collaborat­ore, arrivava e passavamo un’ora e mezza a comporre musica. Il resto della giornata scrivevo la sceneggiat­ura. Irina era incinta, era tutto perfetto. Lea è nata una settimana prima dell’inizio delle riprese». La produzione è iniziata al Coachella Music Festival. Sebbene Lady Gaga fosse la headliner del concerto, è riuscita comunque a girare. Cooper si è anche esibito in un duetto live con lei. «All’inizio ero terrorizza­to. Quando sei sul palco di fronte a 30 mila persone ti dimentichi tutto. Quasi non riuscivo a respirare. Ma quando ho guardato Stefani mi sono rilassato: la sua fiducia in me come musicista mi ha dato coraggio». Cresciuto nella periferia di Philadelph­ia, Cooper nutriva una grande ammirazion­e per il padre, un mediatore finanziari­o scomparso nel 2011, di cui porta al collo la fede nuziale, legata con una catenina: «Volevo essere come lui, a 8 anni andavo a scuola indossando completi e portavo con me una ventiquatt­rore», mi dice. Adesso si prepara a realizzare un nuovo progetto come regista e sceneggiat­ore: un biopic sul compositor­e e direttore d’orchestra Leonard Bernstein. Ed è chiaro che in futuro fare l’attore non gli basterà. «Ho sempre pensato di avere sei personaggi dentro di me e ne ho già interpreta­ti alcuni: sono stato un soldato in American Sniper, un musicista in A Star Is Born, uno chef nel Sapore del successo e un uomo deforme in The Elephant Man. Voglio ancora recitare la parte di un direttore d’orchestra. E poi chissà?». Fa una pausa. «Sono sempre stato uno svantaggia­to, non ero mai visto come il tipo giusto per essere l’attore principale». Gli dico che dopo A Star Is Born è impossibil­e sottovalut­arlo. Abbozza un sorriso: «Forse. Ma chissà. L’ho sentito dire per tutta la mia carriera. Agli inizi non riuscivo mai a ottenere la parte perché dicevano che non avevo abbastanza sex appeal». Un’altra pausa. «Alla fine, devi concentrar­ti sul lavoro e non ascoltare nessuno. Le persone cui voglio bene e che mi vogliono bene mi hanno detto di non dirigere È nata una stella, che sarebbe stato troppo difficile e avrei dovuto cominciare con qualcosa di più facile. Fortunatam­ente non li ho ascoltati. Ho amato il fatto che sia stato davvero difficile realizzare questo film. Altrimenti, non avrebbe lo stesso valore. E questo è stato sempre il mio obiettivo: realizzare qualcosa, non importa quanto impegnativ­o, che sarebbe stato ricordato».

«ERA IL NOSTRO PATTO: IO AVREI CREDUTO IN LEI COME ATTRICE,

LEI IN ME COME MUSICISTA»

 ??  ?? DOPO GAGA, CLINT Bradley Cooper, 44 anni il 5 gennaio, è regista e protagonis­ta di A Star Is Born, che ha ricevuto 5 nomination ai Golden Globe del 6 gennaio. L’attore torna anche a recitare con Clint Eastwood nel film Il corriere - The Mule, che uscirà il 7 febbraio.
DOPO GAGA, CLINT Bradley Cooper, 44 anni il 5 gennaio, è regista e protagonis­ta di A Star Is Born, che ha ricevuto 5 nomination ai Golden Globe del 6 gennaio. L’attore torna anche a recitare con Clint Eastwood nel film Il corriere - The Mule, che uscirà il 7 febbraio.
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy