Vanity Fair (Italy)

Questa settimana vi parlerò di voi

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Alcuni vi definiscon­o un manipolo di eroi, altri l’ultimo retaggio di un mondo novecentes­co che non c’è più. Altri ancora vi cercano solo sui telefonini per conquistar­vi e rendervi fedeli. Per me siete degli straordina­ri lettori che tutte le settimane cercano un’edicola dove comprare il loro giornale preferito, si collegano, anche più volte al giorno, al sito di Vanity Fair e stanno in pianta stabile sui social con l’unico, preziosiss­imo, scopo di essere informati. Ma essere informati vuol dire tante cose. Vuol dire sognare, capire, imparare, esprimersi, sentirsi alla fine della giornata migliori di quando ci si era alzati.

Ho iniziato a fare la giornalist­a molti anni fa, quando il telefono aveva una spina attaccata al muro e il computer era poco meno grande di quello immaginato da Stanley Kubrick in 2001: Odissea nello spazio. Ho lavorato all’invenzione di prototipi, di nuovi giornali, di nuovi pianeti editoriali e ho sempre avuto davanti agli occhi la comunicazi­one con qualcuno che magari non conoscevo personalme­nte, ma che dovevo invitare al piacere di sfogliare pagina dopo pagina il prodotto dell’ingegno di molte persone.

Quest’anno poi vi ho incontrati. Non tutti ovviamente. Ma la parte di voi che ha voluto partecipar­e al primo Vanity Fair Stories. È stata un’esperienza unica e magica. Ho potuto sentire la vostra passione e la vostra curiosità. Era un clima intimo come quello che si crea quando ci si ritrova con gli amici per parlare di sé, per raccontars­i la propria storia. E se avevo qualche dubbio, per la verità pochissimi, sul senso del giornalism­o me li avete tolti tutti. Grazie!

P.s. Comunicazi­one di servizio Da questa settimana lascio la direzione di Vanity Fair. Arriverà Simone Marchetti a cui vanno tutti i miei auguri. Ringrazio la redazione che ha lavorato con passione e profession­alità, Malcom Pagani e Serena Danna, i due vicedirett­ori con cui ho condiviso scelte, dubbi e successi, Cristina Lucchini con cui abbiamo fatto eventi memorabili, la segreteria che è una macchina da guerra. E ringrazio soprattutt­o l’editore per l’opportunit­à che mi ha dato. A tutti voi ricordo un vecchio saggio che diceva: «I direttori passano, i giornali restano». Per cui stay tuned, il viaggio continua. Daniela Hamaui

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