Ci salverà dalla fame?
Il Paese governato da Maduro è alla disperazione, manca di tutto. Juan Guaid—, che si è autoproclamato presidente, promette di salvarlo dal «tiranno» e restituire il benessere. Trump è con lui. Ma non tutti gli credono
Blanca Pérez è una casalinga di Caracas e, durante un comizio in supporto di Guaidó, mi spiega: «Sono anni che non sono così felice. Vedo la pace davanti a noi». Ricardo Martinez, un imprenditore che incontro in Plaza Bolívar, invece, è sicuro: «Saremo burattini nelle mani di Trump». Da mercoledì 23 gennaio, il Venezuela si trova di fronte a un dilemma. La crisi istituzionale che va avanti da tre anni, con centinaia di morti, sembra giunta al culmine. Juan Guaidó, presidente dell’Asamblea Nacional (il Parlamento unicamerale venezuelano) e a capo dell’opposizione anti-chavista, si è autoproclamato presidente ad interim del Paese con l’appoggio della camera, protetto dall’articolo 233 della Costituzione. L’obiettivo è porre fine al governo del «tiranno» Nicolás Maduro, delfino di Hugo Chávez al potere dal 2013, e convocare elezioni libere. Maduro è stato rieletto a maggio 2018, ma sulla trasparenza del voto sono stati avanzati dubbi. Dopo l’autoproclamazione di Guaidó, il primo a riconoscerlo è stato Donald Trump. Vari Paesi, come Canada e Brasile, gli hanno poi fatto seguito. Intanto l’Europa sollecita «con forza elezioni presidenziali libere, trasparenti». Mentre Maduro ha accettato la proposta di Messico e Uruguay di dialogare, Guaidó lo farà solo se i chavisti lasceranno il potere. La crisi è al suo massimo storico e la società, che era solita battersi su due fronti opposti – chavismo e opposizione –, si è riunita in una lotta comune e ancor più feroce: quella per la sopravvivenza. Il tasso di povertà sfiora il 90 per cento, mangiare è diventato difficile: nel 2018 ogni venezuelano ha perso in media 11 kg di peso. «Vivo con mia madre, abbiamo solo uno stipendio e mangiamo una volta al giorno. La sera vado a letto con i crampi», dice Manuela. Il Cendas, Centro di documentazione e analisi per i lavoratori, calcola che una famiglia venezuelana ha bisogno di almeno 300 dollari al mese, ma il salario minimo stabilito dal governo è di soli 14 dollari: l’inflazione raggiungerà il 10.000.000%. Una situazione che ha una diretta conseguenza sulla sicurezza del Paese: il tasso di omicidi è vicino alle 90 unità su 100 mila abitanti (in Italia è di 0,9 unità). E sono già 3 milioni i venezuelani fuggiti all’estero. L’analista politico Luis Vicente León mi racconta: «L’opposizione viene da un lungo periodo di vuoto di potere. C’era un problema di leadership. Questa è una finestra di opportunità per la destra del Paese. Hanno la possibilità di far implodere il chavismo. La chiave è la negoziazione politica. La
domanda è se Juan Guaidó sia in grado di condurre le corrette negoziazioni per allontanare Nicolás Maduro dal potere. Il nodo di svolta sarà la scelta di campo che faranno i militari». Yosbelys lavora nel settore sanitario e in Guaidó ci spera. «Sono anni che ci occupiamo dei pazienti ma non abbiamo i mezzi per farlo. È necessario risvegliarsi, mettere da parte la paura e combattere contro il regime». La Federazione farmaceutica venezuelana calcola che la scarsità di medicine nel Paese ammonti all’8085%, e il 90% delle terapie antitumorali non è disponibile. Il ministro della Salute Luis López nega tutto, ma la gente muore perché non si può curare. Anais Longa, professoressa, viene da una zona popolare di Caracas. Si è unita alla marcia del 23 gennaio in favore dell’opposizione: «Mio figlio si sta diplomando e non so che futuro possa avere qui. Mi ha chiesto perché andavo a manifestare, gli ho detto che lo faccio per lui». Ma non tutti vedono in Guaidó la salvezza: «L’opposizione non fa che lamentarsi, vivono con il solo obiettivo di far cadere Maduro. Guaidó è un burattino degli Stati Uniti e ora vuole prendere tutto il potere per sé», dichiara una donna che preferisce rimanere anonima. «Voglio la pace», continua invece Blanca Pérez. «Desidero che non ci siano più morti, né fame, né ingiustizie. Spero che quello che sta succedendo in Venezuela sia la fine di un incubo. Potrebbe essere il momento giusto perché Nicolás Maduro si pieghi e se ne vada per sempre. È un pessimo amministratore, non ha fatto mai nulla di buono per il suo Paese».
[traduzione di Giulia Zavagna]