Vanity Fair (Italy)

UNA VITA AL BABÀ

Trent’anni fa partecipò al Festival con una canzone scritta all’ultimo (doveva interpreta­re tutt’altro). Adesso, dopo aver debuttato con De Filippo, recita De Crescenzo in teatro. Ma tornare in gara non le dispiacere­bbe proprio

- di MARINA CAPPA

UUna Madonna coloratiss­ima omaggio di Arbore, le porte comprate a Bali, una tela da cui sporge una serie di falli eretti (L’unico vero è assente fa il titolo, e infatti c’è un buco, a dire maschio addio). I ladri che sono entrati nell’attico romano di Marisa Laurito questi ricordi non glieli hanno portati via. C’è anche Mia: fondale rosso, parole scritte («Chi la vuole per una notte e c’è chi la prende a botte»), una silhouette con il nome dell’amica. «È un quadro contro il femminicid­io, Mimì è la prima che ha scritto contro la violenza alla donna. L’ho esposto nella mostra Radici squadrate, su tutte le cellule impazzite dell’umanità». Marisa Laurito ha 67 anni e nel 1989 fu dodicesima a Sanremo. Al Festival era arrivata su un aereo con Mia Martini, che avrebbe cantato Almeno tu nell’universo: «Sedeva sola sul fondo, e nessuno voleva mettersi vicino a lei, dicevano che speravano non ci facesse precipitar­e. Ma era una donna fantastica e piena di dolore. Anche quando la chiamai per Serata d’onore, i dirigenti Rai erano contrari, secondo loro portava male». Attrice e donna tv lanciata da Arbore con Quelli della notte: lei che ci faceva a Sanremo? «Renato Carosone mi chiamò perché voleva andarci con me. Lui era il top: non potevo farmi scappare l’occasione. Così, Riccardo Pazzaglia ci scrisse una canzone su una storia in cui due si separavano: lei andava a vivere in una villa pazzesca da riccona, lui in due camere bagno cucina. Lì successe il disastro». Qual era il problema? «Carosone disse a Pazzaglia: “Io in due camere bagno e cucina non ci vado”. Pazzaglia: “Io la canzone non la cambio”. Io in mezzo: Renato, guarda che è un gioco, mica devi farlo sul serio. Litigarono moltissimo, e il gruppo si sciolse. Ma nel frattempo la notizia della partecipaz­ione era già uscita, così chiamai un amico poeta, Salvatore Palomba, e lui mi scrisse seria». Non aveva paura del pubblico? «No, ero divertita, si agitavano di più i cantanti. Scrissero anche che ero vestita da teiera, ma io trovavo meraviglio­si quegli abiti di Rocco Barocco svolazzant­i». Però da allora non è più tornata a Sanremo. «Mi piacerebbe. In gara: mi piace misurarmi. Però, anche se apprezzo Baglioni e ha fatto già un festival meraviglio­so, mettere insieme Big e Nuove proposte mi sembra ’na strunzata. I giovani arrivano dai reality, sono pieni di contatti. Le carriere secondo me vanno rispettate». In attesa di tornarci, lo guarda il Festival? «Mi piace vestire il televisore di fiori per l’occasione. Se invece sono in tournée, registro. E poi intervengo sui social: adoro Twitter, che ha il dono della sintesi. Vorrei solo un popolo del web più educato». C’è un cantante che le piace? «Ci sono giovani che mi divertono. Purtroppo Il babà è una cosa quando si è giovani si segue di più la canzone, si va a ballare. La musica invece per me oggi è più la classica, l’opera. Le canzoni di Sanremo erano quelle della gioventù». Quanto a gioventù: lei ha iniziato recitando con Eduardo De Filippo. «Sono passata da mio padre, un dittatore ma di grandi valori, a lui: stessa tipologia di uomo. Al Teatro San Ferdinando si stava come in una chiesa, nei camerini non si parlava... non immagina quante cazziate e multe ho preso. Ma meno male i sei anni con Eduardo: ho capito così il senso del mestiere. Oggi invece, come dice il titolo del mio quadro, non ci sono più uomini veri, sono tutti falli di plastica». Però lei sta da diciotto anni con lo stesso uomo, l’industrial­e Piero Pedrini. «Mi ha dragata in un bar. Ero rimasta sola da poco, Arbore mi convinse a uscire, Piero era lì con un amico... Ho avuto una vita sentimenta­le incasinata, con grandi passioni, un matrimonio brevissimo e sbagliato (con il calciatore Franco Cordova, ndr): lui era geloso furioso, si era voluto sposare a tutti i costi, e io sono scappata a gambe levate». Fra tante passioni, non c’è Renzo Arbore? «Non avremmo mai potuto: troppe risate. Ma Renzo è un gran signore, con forti insicurezz­e: abbiamo fatto adesso una nuova trasmissio­ne, Guarda... Stupisci, e ogni volta che lo vedo al lavoro sono stupita da quanto sia esagerato nel perfezioni­smo». Adesso lei fa soprattutt­o teatro, fino al 3 febbraio recita al Quirino di Roma Così parlò Bellavista, dal romanzo e poi film di Luciano De Crescenzo. «Luciano è un autore speciale, ha venduto 25 milioni di copie in 42 Paesi, ma non credo che dalla critica sia stato ricompensa­to. Ringrazio Geppy Gleijeses che ha voluto portarlo in scena, con Alessandro Siani. Poi, dal 21 febbraio, reciterò a Napoli la commedia 2 donne in fuga. Il teatro l’ho sempre fatto, è la mia ossessione, mi permette di incontrare gente, senti il mood. Uno dei più grandi insegnamen­ti di Eduardo era: sedetevi due ore in un bar e osservate come si comportano le persone. Lo faccio ancora, a volte mi guardano: ma che vuole questa? Per un artista gli umori sono importanti­ssimi, è lì che ti rendi conto com’è cambiato il pubblico». È cambiato? «Sì. Oggi c’è una fascia di giovani molto forte che vuole andare a teatro a vedere cose di spessore». Alla fine, meglio essere in scena a Sanremo o con uno spettacolo? «Non c’è dubbio: lo spettacolo. I cantanti hanno una marea di stress e poi in tre minuti bruciano tutto. In uno spettacolo ci si sfoga, puoi improvvisa­re, ti capita anche di metterti a ridere».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy