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I Kuna di Panama che vivono ancora come gli Incas alle isole San Blas, i cavalieri indonesiani di Sumba sulla spiaggia di Nihi: dove l’incontro residenti-viaggiatori funziona
«Posso vedere gli alloggi del personale?». È questa la prima domanda che andrebbe fatta all’arrivo in un albergo, un resort, un lodge che condivide il luogo con una comunità locale. È quasi sempre in un’area naturale remota (un’isola, una riserva), e spesso gli hotel assumono parte dello staff tra i vicini, a volte proprio nel villaggio accanto. Per scelta spontanea, oppure obbligati dalla legge, come capita in vari Paesi, e le due comunità umane, l’albergo da una parte e i residenti dall’altra, convivono e interagiscono, ma non sempre a beneficio di tutti. Nonostante le dichiarazioni di intenti e le foto di bambini sorridenti che trovi sul letto praticamente ovunque a favore di questa o quella associazione solidale, i luoghi del mondo dove l’impatto turismo-residenti è a vantaggio dei legittimi abitanti sono davvero rari. Uno di questi è San Blas, arcipelago paradiso al largo di Panama (meno di 400 isole, basta uno sguardo a Google Earth per cogliere il tipo di bellezza) e un caso praticamente unico di gestione turistica totalmente autonoma, di proprietà e gestione degli indigeni Kuna, 50 mila eredi diretti degli Incas scampati alla Conquista spagnola che vivono quasi come prima di Colombo e parlano la lingua chibcha. Offrono alloggi spartani e frutta, cibo e pescato a chi arriva in barca a vela – secondo noi il modo migliore per visitare San Blas.
Sempre un’isola, ma molto più grande, è anche l’indonesiana Sumba. Una specie di Jurassic Park a sud di Bali dove un albergo, Nihi Sumba, ex ostello per surfisti nel nulla assoluto trasformato in lodge a cinque stelle dall’imprenditore filantropo Chris Burch, è diventato il più famoso hotel remoto del mondo. Anche grazie al circolo virtuoso che ha portato nell’isola: quasi 1 milione di abitanti e neanche un vero ospedale, una madre su 3 che aveva perso un figlio per la malaria, nell’avamposto ecolussuoso hanno capito subito che aprire un asilo non sarebbe bastato. La Sumba Foundation lavora su larga scala con le comunità locali: acqua corrente pulita (191 water station), malaria test e cura a tappeto. La malattia ridotta del’93% in 15 anni è un risultato che ha attirato l’attenzione del mondo: il progetto fa scuola.