Silver dreams
Si considera «più un argentiere che un gioielliere»: Giovanni Raspini racconta la sua ricetta per fare artigianato oggi. E svela un sogno: aprire una scuola di design della gioielleria in Toscana. «Compresi gli etruschi, sono tremila anni che da queste parti si fanno gioielli»
«Nella mia vita ho progettato case, interni, mobili, tavole complete di candelieri e vasellame. E ora mi diletto anche negli arredi e nelle vetrine per le mie boutique. Sembrano mondi assai lontani fra loro, ma in realtà ad accomunarli tutti c’è il senso
della regia, del coordinamento fra volumi e proporzioni, del gioco di luci e ombre, che è quello che serve anche nella realizzazione di un gioiello». Non c’è che dire: Giovanni Raspini è un uomo assai versatile, e sintetizza così il suo cursus honorum, in un contesto che già parla da sé. Siamo in una villa del Cinquecento, sulle colline aretine, dove da anni ha «casa e bottega». Con una laurea in Architettura messa nel cassetto a favore del sogno di fare impresa dando sfogo alla sua sconfinata creatività e a un gusto estetico dai canoni ben precisi, Raspini trascorre il suo tempo in uno studio dal fascino bohémien che ti conquista al primo sguardo: volte affrescate, arredi e oggetti di varie epoche e stili, e un’infinità di gessi e di sculture, in un insieme che è un’interpretazione del tutto personale di una moderna Wunderkammer. «La sede dell’azienda è a cinque chilometri, ma amo ritrovarmi qui, fra i miei gessi, con le mie modelliste, per mettere a punto progetti e disegni. Sono tre, tutte donne e tutte fra i 30 e i 35 anni. L’età media in azienda, management compreso, non va oltre i 40 anni, e le “quote rosa” superano la
metà. In tutto, con gli addetti alle 18 boutique, di cui 15 in Italia (16 da maggio, con la nuova apertura in via della Spiga a Milano, ndr) arriviamo a circa ottanta persone. Siamo un’azienda in costante crescita, e se c’è un motivo che mi spinge a investire sempre di più in questa avventura è proprio la voglia di fare che vedo nei giovani che ho attorno a me». Un toscano fiero di esserlo, e anche molto ottimista, ma più grazie a una visione pragmatica che romantica della realtà. Qual è il segreto per continuare a fare artigianato oggi, e su scala internazionale? «Cercare la contemporaneità, rifuggendo dal desiderio di fare della tradizione un punto di arrivo, piuttosto che la base da cui partire per esplorare nuovi
orizzonti, tecnici e stilistici. Nel mio dna sono più un argentiere che un gioielliere, ma negli ultimi vent’anni l’arte del
regalo, intesa come il candelabro o il vassoio importante da donare o acquistare per la propria casa, è mutata radicalmente, se non scomparsa. L’artigiano, se non vuole autoconfinarsi a una microrealtà di bottega per oggettistica da turisti,
deve stare al passo con i tempi. Oggi contano di più valori
immateriali che non sono legati alla materia prima: seguire le tendenze e la moda è fondamentale. Ecco perché la fashion jewelry ha avuto successo. Con la mia azienda, cerco di fondere queste due esigenze: dare forma a qualcosa di ben fatto, in cui il primo valore aggiunto è senz’altro l’artigianalità, ma che sa trasmettere un’idea di grande freschezza e modernità. La mia cifra stilistica? L’arte di creare gioielli decorati. Il mio è un mondo di soggetti ispirati alla natura, che prendono vita grazie alle incredibili capacità chiaroscurali dell’argento.
Motivi animalier e floreali si intrecciano in gioielli da indossare nel quotidiano, o in creazioni deliranti e surreali, che sono il coup de théâtre che più mi rappresenta». Nautilus, l’ultima mostra-evento realizzata a Milano a marzo, ne è un esempio, con una collezione di collier decisamente «esagerati», ispirati dal mondo onirico dell’artista Giancarlo Fulgenzi, 90 anni all’anagrafe ma con l’animo di chi si è appena messo all’opera. Un altro maestro toscano da cui imparare, che magari affiancherà l’amico Giovanni nella sua nuova avventura: «Il mio prossimo obiettivo? Riuscire ad aprire una scuola di design della gioielleria qui in Toscana. Se si considera la civiltà etrusca, sono più di tremila anni che da queste parti si fanno gioielli. E poi, chi non vorrebbe venire a imparare un mestiere d’arte in questa terra che storicamente ha prodotto alcuni dei più grandi talenti della storia dell’umanità?». Le iscrizioni alla scuola dei sogni sono aperte.