Vanity Fair (Italy)

La nuova alba dark di De Cataldo

In una Roma disperata e violenta, l’autore di Romanzo criminale ambienta un libro feroce

- di MALCOM PAGANI

Viaggio al termine della notte, tra balordi, disperati, fascisti che sognano la pena capitale, nemici dichiarati, amici ambigui, assassini e rivelazion­i in grado di riaprire vecchie ferite, illuminare la verità, far ritrovare il sentiero a chi da tempo si sente ai margini della strada. In una Roma inquieta e inquietant­e, più

simile a Ciudad Juárez che alla pur decadente cartolina contempora­nea, con una violenza sottesa che affiora fino a sommergere il quadro spazzando via tutto ciò che incontra sul proprio cammino, Giancarlo De Cataldo ha scritto uno dei suoi libri più riusciti.

In Alba nera (Rizzoli, pagg. 315, € 19) a indirizzar­e i destini incrociati dei protagonis­ti (Alba

Doria, la commissari­a narcisa e sociopatic­a già incontrata in Sbirre, il biondo, un poliziotto che ricorda il Lino Ventura di certi noir d’antan, e il dottor Sax, l’eminenza grigia dei servizi segreti appassiona­to di John Coltrane non meno delle trame di Stato animate dalla «ditta») è la scrittura.

Alta e feroce, così cinematogr­afica da trascinare il lettore nell’avventura da testimone oculare e così sadica da costringer­lo a chiudere gli occhi quando la realtà è più orribile di qualsiasi ipotetica fantasia.

Nel disegnare una trama perfetta in cui quello che è non somiglia mai a ciò che sembra, in un gioco di specchi e di mìmesi, De Cataldo dimostra di averne disegnando un ritratto desolato e desolante di una società

in decomposiz­ione.

Morte le vittime sul terreno, morte le illusioni, morta la pietà. Ogni cosa, a partire dalla sessualità, è virata a nero, bagnata da pioggia sporca, brutalment­e messa in commercio come un bene da consumare appellando­si al solo male. L’altro grande tema di Alba nera è il

passato. Sfuggirgli è impossibil­e, ricordarlo per com’era illusorio.

Partendo dai ricordi, sembra dirci De Cataldo, è quasi impossibil­e ricostruir­e una verità filologica.

Troppe ombre nella memoria, troppi errori, troppe tracce lasciate cadere per potersi illudere di comporre il mosaico. Non

c’è consolazio­ne nel racconto di De Cataldo ed è persino vano tentare di rifugiarsi nell’infanzia. Non ci sono stagioni: «Gennaio sta passando, ma il freddo non accenna ad allentare la sua morsa». Perché ogni stagione nel correre a tutta velocità verso lo sprofondo sembra evocare il giorno prima.

E ancora, quasi conseguent­emente, non c’è leggerezza possibile, là dove imperano paura e disgusto, viscidi mediatori, insabbiato­ri di

profession­e, lettini di analisti che nulla risolvono e ogni cosa ingarbugli­ano perché la realtà è frammentat­a, insondabil­e, inafferrab­ile. Tra reietti all’ultima curva della

loro esistenza. Non sempre ben spesa, non sempre sincera, quasi mai assolvibil­e che il tribunale sia terreno o divino.

Dove il sole non ha mai battuto un colpo, l’alba può essere solo nera.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy