The White Crow, omaggio a Nureyev
Dall’infanzia all’asilo politico: arriva The White Crow, il film sul leggendario ballerino. Conflitto morale incluso
Tradire se stessi per rimanere fedeli al proprio mondo, la famiglia, gli amici, la società nella quale siamo cresciuti, o viceversa? È questo il conflitto esistenziale e morale che fa da sfondo a The White Crow, al cinema dal 27 giugno, sulla storia di Rudolf Nureyev, qui interpretato dall’esordiente Oleg Ivenko (a destra). Il film è diretto da Ralph Fiennes, alla sua terza regia, e prende spunto dal libro di Julie Kavanagh del 2007, una delle biografie più complete mai scritte sul ballerino, ma si ferma a una data precisa: il 16 giugno 1961. Quel giorno, assieme agli altri ballerini della compagnia Mariinsky, Nureyev avrebbe dovuto lasciare Parigi e volare a Londra per continuare la tournée ma, poco prima dell’imbarco, gli fu comunicato che lo aspettavano a Mosca, per un evento speciale al Cremlino. Sapendo di avere da tempo il Kgb alle costole, sospettò una trappola e si consegnò alle autorità francesi, chiedendo asilo politico. Aveva 23 anni e, nel giro di poco, sarebbe diventato una leggenda della danza classica. Fiennes, che ha detto di essere stato attratto da questa storia soprattutto per il carattere determinato di Nureyev, ha scelto per sé la parte di Alexander Pushkin, l’insegnante e mentore del ballerino. Oltre che triste, un ruolo da perdente: a un certo punto il suo pupillo, ancora in una fase di sperimentazione sessuale, approfittò dell’ospitalità a casa sua per diventare l’amante della moglie. Il film pone soprattutto una questione: oggi Nureyev sarebbe stato davvero più libero di essere se stesso? Di certo avrebbe potuto viaggiare, parlare della sua omosessualità, ma si sarebbe trovato di fronte a un altro conflitto: esprimere i suoi punti di vista tutt’altro che ortodossi o tradire la sua naturale dissonanza e diventare una voce nel coro. La cortina di ferro non esiste più, ma c’è un palcoscenico in grado di accogliere un corvo bianco?