È l’ora della solidarietà femminile
A Hollywood vince la solidarietà femminile: ci si aiuta per fare impresa, realizzare progetti, occupare posizioni importanti. Grazie anche al sostegno di un brand italiano che crede nel cambiamento
A Hollywood è l’ora della solidarietà femminile. Passato il fuoco del #MeToo e della militanza, passata la rabbia, abbassati i toni, questo è il momento in cui alle marce e alle proteste si sostituisce la lucida pianificazione, e dalle strade la lotta passa nei consigli di amministrazione. La parità di genere è lontana (un esempio su tutti: nessuna donna l’anno scorso è stata candidata agli Oscar per la regia), ma le donne del cinema sono determinate più che mai a non farsi scappare l’occasione per un cambiamento vero, consapevoli che l’unico modo per ottenerlo è rimanere unite. «Dobbiamo fare quello che agli uomini viene naturale: il famoso spogliatoio», dice Amy Baer, presidente del consiglio di amministrazione di Women In Film.
L’associazione racchiude le donne che lavorano nel mondo del cinema con ruoli diversi attrici, produttrici, scrittrici, direttori – della fotografia, tecnici e ogni anno organizza un gala celebrativo – sponsorizzato tra gli altri da Max Mara al Beverly Hilton di Los Angeles, in cui assegna una serie di premi e in cui vengono ribaditi i principi di Wif: portare le donne in alto aiutandole a ottenere finanziamenti e a fare impresa. «La nascita del movimento Time’s Up ha portato un cambiamento di mentalità e la consapevolezza che non è più tempo per tacere, che le donne devono e possono parlare e condannare abusi sul posto di lavoro. Ora si tratta di trasformare questa nuova mentalità in modo da permettere alle donne di occupare posti che prima erano loro preclusi. Per esempio, ottenere finanziamenti per i loro progetti, soldi che vanno ancora in modo sproporzionato agli uomini», continua Baer. Si tratta di azioni concrete, come l’attività di mentore delle professioniste più esperte verso quelle più giovani, o come la linea diretta per segnalare gli abusi sessuali: non è solo denuncia, è aiuto legale pratico, quello che troppe ancora non possono permettersi. Elizabeth Debicki, vincitrice del Face of the Future Award, il premio che Max Mara attribuisce a un’attrice a un punto di svolta della carriera e che incarna lo spirito sofisticato del brand, mentre riceve il premio dalle mani di Maria Giulia Maramotti, ambasciatrice Max Mara nel mondo
e vicepresidente del retail, dice una cosa significativa riguardo a se stessa, ma per estensione a tutte: «Non siamo abituate a celebrare i nostri successi. È giunto il momento di smetterla di essere umili».
Viola Davis seduta in sala annuisce, così come la comica Amy Poehler, premiata come imprenditrice nel campo dell’intrattenimento, e come la sensazionale Issa Rae, premiata come emergente grazie al successo della serie di Hbo Insecure di cui è creatrice, protagonista e sceneggiatrice. «A volte noi donne tendiamo a minimizzarci, ad abbassare la luce. Siamo condizionate socialmente a essere umili», ha detto Rae, che come Poehler è molto più che una semplice attrice comica, è una donna d’affari con la sua casa di produzione.
La sera prima del gala, durate un cocktail allo Chateau Marmont, l’attrice Olivia Wilde, reduce dal successo del suo primo film da regista, Booksmart, parlava dell’importanza della sorellanza: «Donne che sostengono altre donne che si stanno facendo strada. Questo è un movimento che non coinvolge una sola che riesce a bucare il soffitto di cristallo e viene celebrata. Qui si tratta di pensare a quella che arriverà dopo e dopo ancora». «Gli americani lo chiamano business outside business, ovvero tutte quelle occasioni sociali in cui gli uomini si incontrano e che servono per avanzare di carriera, la classica partita a golf da cui le donne sono escluse», racconta Maria Giulia Maramotti. Anche se all’interno di un’azienda come Max Mara, da sempre votata all’empowerment femminile e vicina a Hollywood grazie alla sponsorizzazione di Women in Film, lei stessa non può negare di aver notato un cambiamento «che però deve riguardare tutto il mondo del lavoro, non solo il cinema. Donne che smettono con la competitività negativa e si supportano a vicenda, senza cadere nella guerra dei sessi con gli uomini, cosa cui non credo». «Abbiamo bisogno degli uomini», ribatte Baer. Ammesso che lo siano mai stati, nell’era post #MeToo i maschi sono alleati, non più nemici.
Bisogna sostituire la competitività negativa e la guerra tra i sessi con il supporto reciproco in ogni ambito, non solo nel cinema Maria Giulia Maramotti