Vanity Fair (Italy)

Teresa Lin, origine cinese, eletta a Prato

Un nome (e un sogno) che mescola origini e culture: Teresa Lin è appena stata eletta consiglier­e comunale a Prato

- di CHIARA PIZZIMENTI

All’inizio, al telefono, fatico a individuar­e un accento. Poi dice: «Andavamo sempre in Cina per il compleanno della mi’ nonna e il babbo torna per motivi di lavoro». Quel «nata a Prato» che Teresa Lin ha scritto sulla carta d’identità non è una formalità. Con Marco Wong, imprendito­re 56enne, è stata eletta nel consiglio comunale di Prato nella lista del riconferma­to sindaco Matteo Biffoni.

Sono i primi due consiglier­i di origine cinese in una città che ne conta 23 mila (su 195 mila abitanti), seconda solo alla Chinatown milanese. Teresa ha 24 anni ed è appena tornata dagli Stati Uniti dove si è laureata in Economia. Competenza che vorrebbe applicare nell’azienda di famiglia, nel settore tessile. La politica è venuta un po’ per caso. «Voglio essere un ponte fra le due comunità, anche se non c’è più quella netta divisione che esisteva nelle prime generazion­i. Allora c’era l’esigenza del lavoro, non c’era il tempo di impegnarsi nel sociale, nello scambio culturale. Non è più così».

Non lo è per lei, che ha avuto «un’infanzia italiana». Ha fatto le scuole materna, elementare e media a Campi Bisenzio («Nessuna emarginazi­one, ero io a sentirmi diversa e a voler essere più italiana»). Poi la scuola superiore internazio­nale a Firenze, quindi l’università negli Usa. A 18 anni, come stabilisce la legge per chi è nato in Italia o è arrivato da bambino, ha

chiesto la cittadinan­za. I suoi genitori non ce l’hanno. Sarebbe giusta la cittadinan­za automatica? «Se nasci in un Paese dovresti averne la cittadinan­za, ma a me non è dispiaciut­o arrivare a 18 anni e poter scegliere consapevol­mente. Per i cinesi non esiste la possibilit­à della doppia cittadinan­za e io ho rinunciato a quella cinese. Ora per tornare in Cina devo sempre fare il visto turistico». Ha avuto 299 preferenze. Non tutte cinesi secondo lei. «Ci siamo presentati sia agli italiani sia ai cinesi con la cittadinan­za. Durante le visite alle aziende abbiamo scoperto che era molto difficile per imprendito­ri cinesi trovare dipendenti italiani e viceversa. L’idea è creare una piattaform­a comune fra domanda e offerta di lavoro».

Per Teresa la comunità cinese non è più quella che l’immaginari­o collettivo vuole chiusa e non sempre rispettosa delle leggi. «Le irregolari­tà sono molto meno. I controlli sono giusti perché prima di questi molte aziende non sapevano di violare leggi, per esempio sulla sicurezza. L’obiettivo, soprattutt­o di chi è qui da più generazion­i e vuole rimanere, è il lavoro

regolare». È l’internazio­nalità a caratteriz­zarla, anche se la sua famiglia è tradiziona­lmente cinese («educazione rigorosa e niente fidanzati»). Le piace viaggiare, ascolta musica di tutto il mondo. Entusiasta, dice: «Da cittadina non pensavo di poter incidere sulle decisioni e su quello che vuoi diventi la tua città. Adesso ho capito l’importanza della politica e anche il valore della diversità: quando ci sono persone diverse in una squadra si crea qualcosa che persone simili non riescono a fare».

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