Vanity Fair (Italy)

Il marchio di Amanda Knox

- di DARIA BIGNARDI DARIA BIGNARDI, scrittrice. Il suo ultimo libro è Storia della mia ansia (Mondadori, 2018).

Tocca difendere Amanda Knox, anche se si vorrebbe non pensarci, non parlarne, rimuovere il pensiero della povera Meredith Kercher e della sua fine tragica, anche se tutto in quella vicenda umbra è tetro e sgradevole: dalle accuse al barista innocente all’accaniment­o insensato dei media, alle indagini sgangherat­e, agli inquirenti narcisi, alla stolida immaturità della coppia Amanda Knox e Raffaele Sollecito ai tempi del delitto, ma chi è maturo a vent’anni – e spesso anche a cinquanta alzi la mano. –

Amanda Knox è tornata in Italia, a dodici anni dall’omicidio, invitata dal Festival della Giustizia di Modena. Da più di quattro lei e Raffaele Sollecito sono stati assolti dalla Corte di Cassazione per non aver commesso il fatto. Assolta. Eppure continua a essere detestata, disprezzat­a, trattata come se fosse colpevole. Invece di compatirla, di scusarci per gli otto anni di carcere e di processi, la maggior parte dei giornali, dei siti, dei social, la maltratta. Ai tempi dell’assoluzion­e si alluse a «poteri forti» che avrebbero protetto lei e Raffaele Sollecito in quanto bianchi e benestanti (non credo lei lo sia) e condannato Rudy Guede (il cui Dna era nella stanza del delitto) in quanto di colore. E ancora oggi Amanda Knox continua a essere trattata da colpevole anche se è stata giudicata innocente, e da innocente ha passato quegli otto anni tra carcere e processi. Sconta le foto in cui abbracciav­a Raffaele Sollecito il giorno dopo il delitto, sconta il fatto di avere gli occhi azzurri, di essere anglosasso­ne e di non aver saputo mostrare la sua disperazio­ne? Per chi se lo ricorda o ha visto la serie che ricostruì il caso, tutto fu assurdo in quella vicenda. Tanto che assolvendo­la, la Corte di Cassazione ha scritto: «Un iter obiettivam­ente ondivago, le cui oscillazio­ni sono, però, la risultante anche di clamorose defaillanc­e o amnesie investigat­ive e di colpevoli omissioni di attività di indagine». E poi: «L’inusitato clamore mediatico del delitto Kercher e i riflessi internazio­nali non hanno certamente giovato alla ricerca della verità provocando una improvvisa accelerazi­one delle indagini nella spasmodica ricerca di colpevoli da consegnare all’opinione pubblica internazio­nale».

Claudio Pratillo Hellmann, presidente della Corte d’Appello di Perugia che nel 2011 aveva assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito, disse a Repubblica: «Fui praticamen­te costretto a lasciare la magistratu­ra dopo quella sentenza, nei bar di Perugia dicevano che mi ero venduto agli americani, che avevo ceduto alle pressioni della Cia. I colleghi magistrati mi tolsero il saluto, in particolar­e quelli che a diverso titolo erano stati coinvolti nella vicenda».

Al Festival della Giustizia Amanda Knox ha parlato a lungo, piangendo spesso. Tra le altre cose ha detto: «Raffaele e io siamo stati marchiati dai titoli dei giornali, per sempre colpevoli al giudizio dell’opinione pubblica. Sono stata dichiarata innocente, eppure so che sarò sempre legata alla tragedia della morte della mia amica. Vengo insultata ogni volta che mi addoloro per lei. Vengo insultata come se il mio essere viva, il mio stesso respiro fosse un affronto alla memoria di Meredith».

Domenica scorsa mentre in treno raccontavo a mia figlia che pensavo di scrivere di questa storia, una signora ha detto a suo marito, seduto sul sedile di fronte: «Colpevole o innocente quella è una stronza e vorrei solo non vederla mai più».

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