Vanity Fair (Italy)

L’ultima storia noir di Andrea G. Pinketts

Un buono travestito da duro: così era Andrea G. Pinketts, che sapeva giocare con le storie noir, e la sua Milano, senza prendersi mai sul serio

- di DARIA BIGNARDI

E dopo tanta notte strizzami le occhiaie è l’ultimo libro di Andrea G. (come Genio) Pinketts – se ne è andato poco prima dello scorso Natale con lo stile unico che ha avuto tutta la vita – uscito per Mondadori due mesi fa (pagg. 252, € 18). Andrea lo conoscevo da quando aveva pubblicato, nel 1995, un bellissimo e stranissim­o romanzo, Il senso della frase. A Pinketts, che si chiamava Pinchetti e viveva ancora con la fantastica mamma, piaceva giocare al Raymond Chandler vestito da Dick Tracy, gli piaceva Milano

di notte, bere birra Guinness, fumare il sigaro Toscano, ma soprattutt­o gli piacevano la letteratur­a e la scrittura con le quali si divertiva come un matto. Scriveva storie noir piene di giochi di parole e invenzioni, era coltissimo, originale e divertente. Era anche generoso e buonissimo: un buono travestito da duro. Impossibil­e non commuovers­i leggendo cosa scriveva un mese prima di morire a 57 anni: «È stata una notte lunga. Per voi lo sarà. Ne passerete il testimone a qualcun altro in modo che il tempo non si fermi quando gli pare e Pinketts. E non si fermerà certamente durante questo agghiaccia­nte pigiama party festeggiat­o senza gioia con sorella morfina. Sorella Luna mi ha dato buca in una stanza di ospedale. Camera singola. Notte singolare». Ma impossibil­e, subito dopo essersi asciugati gli occhi, non ridere delle sue storie, come la prima ambientata tra Lurasco Bombardato e Lurasco Bombardier­e, dove Addolorata lascia Innocente per Andrea Villani, «il più elegante piastrelli­sta di Lurasco Bombardato, nonché l’unico… un tanghero che si profumava con l’arbremagiq­ue della sua decappotta­bile color salsiccia». I romanzi surreali di Pinketts erano amati da Fernanda Pivano e consigliat­i in un film di Chabrol, ma non se la tirava per niente e giocava con la tv, i fumetti, il cinema, senza prendersi mai sul serio. Ma con calore, perché era un sentimenta­le. Uno scrittore da ricordare.

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