Claudio Marchisio, profumo di campione
Emigrato in Russia, Claudio Marchisio si presenta sempre con un profumo italiano. E nonostante il coraggio di cambiare vita, ci sono paure che affiorano solo davanti a uno specchio
«Avevo 5 anni, le mani in tasca dei pantaloni bianchi, una polo blu e il peso su una sola gamba di chi cerca di stare in posa. Mentre mia madre voleva solo scattarmi una foto vicino alle rose, io la guardavo convinto. Non perché volessi fare il modello, ma perché avevo capito che dare un’immagine di sé decisa e pulita è importante per infondere fiducia nelle persone. Ero solo alle elementari, ma ero già pronto per la scuola della Juventus».
Claudio Marchisio, il Principe del calcio italiano che ora indossa la maglia dello Zenit San Pietroburgo, trova in quella foto le sue radici: l’ha descritta così bene da riuscire a farmi credere di averla vista da qualche parte. E invece no, è il potere delle sue parole a stimolare l’immaginazione. «Viaggio molto con la mente, non so come faccio. Lo ritrovo anche in mio figlio Davide, il più grande, che quando sta facendo una cosa, ne sta già pensando un’altra».
Quando lo incontro, il salotto dell’Armani Hotel è un forno e lui, che si è appena vestito dopo la doccia, ha la fronte madida. Chiede un fazzoletto, e si toglie la giacca scoprendo le braccia coperte di tatuaggi. «Avendo sempre caldo, vado a dormire senza niente addosso, solo con loro. Giusto perché non posso levarli». Una Marilyn Monroe in versione maschile, che usa il profumo «sui polsi e dietro le orecchie». E che è anche esperto di fragranze, non si sa se dopo esser diventato il volto di un cult della profumeria italiana, Acqua di Giò di Giorgio Armani, o prima, guidato dalla sua
fantasia: «In estate cerco sentori freschi, l’odore dell’erba tagliata o degli agrumi, mentre in inverno preferisco qualcosa di più strong, con una marcia in più, magari con dei legni». Crede anche lei, come Giorgio Armani, che il profumo sia il miglior biglietto da visita? «Se incroci qualcuno che ti piace esteticamente, e che è accompagnato da un profumo che colpisce, lo fermi. È un binomio perfetto». È stato così con sua moglie? «No, di lei ricordo una canotta bianca e dei tacchi. Ma era notte fonda, dopo la discoteca, e il profumo se n’era già andato». È vanitoso? «Sì, lo sono sempre stato, anche da bambino. Mi soffermo spesso davanti allo specchio. Osservare le smorfie involontarie mi aiuta a capire meglio il mio vero stato d’animo, che a volte nascondo». Quanti prodotti di bellezza ha nel suo bagno? «Non come mia moglie, ma tanti. Perché vedo i miei difetti». Quali difetti? «Ho paura di perdere i capelli e di avere le rughe, anche se dicono che per noi maschi sono una cosa bella. E poi ho le occhiaie. Dalle amiche di mia moglie ho imparato che non ci si lava la faccia al mattino con l’acqua, né calda né fredda, perché è traumatico per chi ha la pelle sensibile come me. Passo delle salviettine umide piano piano. Ormai è una cosa automatica». Quali sono gli uomini di cui ammira lo stile? «Mi dicono che assomiglio a Paul Newman. Ma non c’entro nulla. Mi piace invece lo stile degli 007, classiche spie con quel tocco british elegante, come sono stati Pierce Brosnan e Sean Connery». Sente di avere qualcosa in comune con loro? «Non è mai facile rialzarsi, ma ci si riesce. Sempre».