Vanity Fair (Italy)

Lettera d’amore

- Di SIMONE MARCHETTI

La perdita è la vera misura dell’amore. Lo sostiene Jeanette Winterson nel suo libro Scritto sul corpo (che vi consiglio di leggere o di rileggere): secondo la scrittrice inglese, solo e soltanto quando perdiamo qualcuno o qualcosa capiamo davvero il suo valore. Mi è venuta in mente questa frase mentre finivamo di lavorare su questo numero di Vanity Fair e mentre leggevo le molte email che mi avete inviato.

Iniziamo dal giornale. Abbiamo pensato questo numero come una lettera di stima alle personalit­à di cui vogliamo riconoscer­e il valore. E di cui forse ci dimentichi­amo. Meghan Markle, innanzitut­to: un’estranea a Buckingham Palace, un fenomeno mediatico, probabilme­nte una ribelle. Il nostro augurio per lei è di fare la differenza, di lasciare il segno. Perché se i gossip si ostinano a dipingerla come la rivale di Kate, l’intrusa a palazzo o ancora come l’americana capriccios­a, secondo noi ha la possibilit­à di portare critica e progresso nella casa di reali più amata, complicata e seguita al mondo.

C’è poi Tim Cook, numero uno di Apple, altro nostro personaggi­o di copertina: siamo il primo magazine italiano ad averlo incontrato a Cupertino, in California. Non perdetevi la sua intervista: è un inno all’ottimismo e alla speranza fatto da un uomo che sta cambiando il mondo partendo da valori come privacy, ecologia e uguaglianz­a. Il nostro affetto, la nostra riconoscen­za vanno poi a due grandi storie italiane che vi raccontiam­o da vicino. Quella delle ragazze della Nazionale di calcio che hanno fatto a pezzi pronostici e pregiudizi. E quella del Cinema America di Roma, oggi attaccato con una violenza che spaventa. Chi l’ha fondato e lo porta avanti fa sapere che no, non ha timore: ad avere paura è chi attacca, non chi costruisce speranza.

Infine, una email bellissima che ho ricevuto. Me l’ha inviata Donatella: nel testo racconta di come, nel 1996, abbia scritto una lettera d’amore al marito. Un gesto d’impulso, una cosa necessaria. «Da allora sono poi successe molte cose», continua. «In quell’anno è morto mio figlio di 21 anni… ti riscrivo le parole d’amore che avevo dedicato a mio marito ignara del destino che ci aspettava:

A te che resterai vicino a me anche quando ti dirò di andare via.

A te che mi terrai compagnia per vincere il terrore della solitudine.

A te che vivrai con me fino alla fine dei miei giorni.

Voglio essere la vita che accompagna la tua vita. Essere il tuo silenzio

Io ti sento mio ma capisco che devo difendermi Ti amo perché so che appartieni al mio mondo il tuo nome la tua voce non desidero altro solo te.

Ecco: poiché la perdita sembra essere la misura dell’amore, non aspettate di perdere chi amate per capirne l’importanza. Mettete da parte il cellulare, non usate WhatsApp o i social ma carta e penna. E poi scrivete una lettera d’amore a chi amate. Se non sapete da dove iniziare, vi do un consiglio facile: voltate pagina e fatevi ispirare dal racconto di Eshkol Nevo. O dalle storie che troverete in questo numero di Vanity Fair. Credetemi: scrivere quella lettera farà felici voi e chi amate. Buona lettura.

PS: continuate a scrivermi pensieri, consigli e riflession­i a smarchetti@condenast.it

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