ESHKOL NEVO
V come Verità
Sei ingrassata.
Il vestito nuovo che ti sei comprata non è bello. Detesto il riso integrale. A volte detesto anche te. La tua inquietudine s’insinua dentro di me, e in cuor mio t’incolpo perché suono troppo poco.
Non ho avuto nostalgia quando sei partita per Barcellona.
Abbiamo lavato i piatti una sola volta in tutta quella settimana. Due ore prima del tuo rientro.
E a nessuno ha dato fastidio.
Sono stufo della tua famiglia, e in particolare di quella svitata di tua madre, sono stufo di stare sotto tutte le volte, perché tu vieni soltanto così, sono stufo anche di andare al cinema. Perché è l’unico divertimento che ti piace.
Sei un’ottima mamma solo per due dei nostri tre figli.
Il piccolo non lo riesci a capire. Il fatto che sia diverso da noi – diverso da te, per dirla tutta – lo vivi come una minaccia. Ed è solo una tua impressione, quella di riuscire a nascondere che, in fondo in fondo, nei suoi confronti sei maldisposta.
Ho paura che se te lo dicessi, mi lasceresti. In generale, anche dopo vent’anni che stai con me, ogni sera vado a dormire convinto che l’indomani mattina mi sveglierò e scoprirò che mi hai lasciato per un uomo più razionale.
Da quando siamo insieme mi sono innamorato di tre donne diverse.
A una ho suonato le canzoni dei Radiohead sotto la finestra del suo appartamento finché non mi ha aperto.
Alla seconda ho proposto di lasciare tutto e scappare con me a New Orleans e se – invece di scoppiare a ridere – avesse accettato, ci sono buone probabilità che l’avrei fatto.
La terza l’ho baciata, con la lingua, in casa nostra. Per la precisione, nella nostra cucina.
Non è stato un granché.
I tuoi baci sono molto più morbidi.
Non ho mai permesso a un’altra persona di avvicinarsi a me, come l’ho permesso a te, il tuo nome soltanto basta a elettrizzarmi d’amore, non posso dormire senza di te, alzarmi senza di te, vivere senza di te.
Non posso far niente senza pensare cosa ne diresti tu.
Di sicuro finirò col mostrarti anche questo testo.