DARIA BIGNARDI
Sea-Watch: You Are Not Alone
Quando domenica l’amica di Roma ha scritto nel gruppo di WhatsApp: «Eccolo il Capitano», con la foto di Carola Rackete, capitana della nave Sea-Watch 3, ha messo tutti d’accordo.
Il giorno prima c’era stata una discussione tra lei, che diceva di essere desolata ogni volta che sentiva chiamare «Capitano» il ministro dell’Interno perché per lei c’è un solo Capitano ed è Francesco Totti, e Adriana, per la quale il Capitano è Robin Williams nell’Attimo fuggente («Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato;
la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambìto premio è conquistato;
vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta»).
Carola Rackete ha trentun anni, è tedesca, e lavora per la ong di Berlino che opera salvataggi nel Mediterraneo. Quando sabato notte hanno evacuato un ragazzo in condizioni critiche ha dichiarato sobriamente che i 42 profughi rimasti a bordo ai quali veniva impedito di sbarcare sono sotto la sua responsabilità.
Che bella parola desueta è responsabilità, per chi se la intesta. Si sente responsabile anche il medico di bordo della Sea-Watch 3, Verena, mentre spiega che «lo dico da essere umano e non da medico che con quel caldo, in quegli spazi ristretti, e nelle condizioni in cui sono per le torture e gli abusi subiti in Libia i 42 profughi non possono resistere e vanno fatti sbarcare al più presto».
Anche don Carmelo La Magra, il parroco di Lampedusa, si sente responsabile quando organizza un presidio di persone che dormono all’aperto sul marmo del sagrato della chiesa, per mandare un messaggio di solidarietà a chi a bordo non dorme più perché non ha niente, non ha un posto dove andare e resta prigioniero dentro una piccola nave che sembra abbandonata dal mondo. E manda sulla nave il video mentre quelli del presidio – volontari e cittadini di Lampedusa – alzano le lettere che formano il cartello «You Are Not Alone».
Si sente responsabile Emma Bonino, che a un convegno, prima di svenire per un calo di pressione (ora sta bene), dice: «Non riesco a pensare che un continente di 500 milioni di abitanti assista senza colpo ferire a 42 profughi che da dieci giorni ciondolano di fronte a Lampedusa. Non riesco ad assuefarmi. Perché questa è una vergogna dell’Europa oltre che dell’Italia».
Si sente responsabile il capitano De Falco mentre ricorda che le persone in mare si chiamano naufraghi. Che diventano poi rifugiati o migranti una volta che sono a terra, ma quando sono in mare si chiamano naufraghi. E che chiunque va per mare sa che prima si salvano le persone, poi si discute.
Alle 42 persone bloccate sulla Sea-Watch 3, ai volontari, a tutti quelli che si sentono responsabili e cercano di fare o dire qualcosa, come Carola Rackete, don Carmelo La Magra, Emma Bonino (e vengono insultati sui social e minacciati di morte e di stupro) mandiamo il nostro You Are Not Alone.