SCIENZA Le minacce alla fertilità
L’inquinamento ha diretta relazione con l’abbassamento della riserva ovarica delle donne. E l’embriologa avverte: in futuro, sempre più persone ricorreranno alla fecondazione assistita
Tra 50 anni, Maria Cristina Magli immagina che tutte le coppie potrebbero ricorrere alla fecondazione in vitro. Gli embriologi come lei selezioneranno lo spermatozoo più forte da iniettare all’interno dell’ovocita, quello più sano, e così, migliaia di embrioni nasceranno in laboratorio per poi essere trasferiti nell’utero delle donne. Una tecnica usata anche oggi, certo, ma solo per chi ha problemi di infertilità.
Magli è un’embriologa che fa parte del SISMeR, un centro di fecondazione assistita di Bologna, e in questi giorni partecipa al congresso della Eshre, la Società europea per la riproduzione e l’embriologia della quale è stata nominata chairman, la prima donna italiana. È a Vienna con oltre 12 mila professionisti del settore per condividere le ultime scoperte nel mondo della riproduzione. Dal tono della voce, sembra stia partecipando a una grande festa.
Da dove viene tanta felicità? «Faccio il mestiere più bello del mondo. Alcuni, soprattutto in Italia, ci criticano, ci accusano di volerci sostituire a Dio. In realtà noi non facciamo altro che curare una patologia, l’infertilità, spesso non riconosciuta come tale».
Perché? «È una questione culturale, soprattutto quando tocca gli uomini che ne fanno una questione di virilità sminuita. Si fa fatica ad ammettere di essere infertili, ma prima si agisce e più probabilità ci sono di successo. Uno dei punti chiave di questo meeting, infatti, è la consapevolezza della fertilità. Dobbiamo reintrodurre nelle scuole l’educazione sessuale perché i giovani devono essere consapevoli del potenziale riproduttivo».
Gli stessi giovani che rischiano di fare figli solo tramite fecondazione artificiale.
«Già, potrebbe succedere. Ormai i rapporti personali sono tutti mediati da un terzo elemento, il cellulare, il computer, non mi stupirebbe se in questa lista si aggiungesse la provetta. Poi immagino che tutti vorranno avere la possibilità di escludere di concepire figli con patologie».
Che cosa pensa del genome editing, della correzione in laboratorio dei difetti genetici?
«È stata applicata in alcuni Paesi orientali. Per ora sembra che aggiustando il pezzettino di Dna “sbagliato” si vada incontro ad altri effetti collaterali. C’è futuro, ma è ancora troppo presto. Come è troppo presto per parlare di utero artificiale». Quali sono le nuove tecnologie in atto?
«A Vienna stiamo discutendo tanto di fertility preservation, il congelamento degli ovuli della donna in età fertile, e quello del liquido seminale. Una tecnica utile anche per i pazienti oncologici che ne possono usufruire prima della chemioterapia». Quali le novità del congresso? «La più importante arriva da uno studio italiano. Abbiamo scoperto che l’inquinamento atmosferico e alcuni additivi che si trovano in cibi e bevande hanno un impatto sulla riduzione della riserva ovarica. Si è visto che il suo indicatore, l’ormone antimulleriano, subisce una diminuzione significativa nelle donne che vivono in zone dove la presenza di diossido di azoto è maggiore».