SOLDI Libra, la criptovaluta globale
Con l’annuncio di Libra, la nuova criptovaluta globale, non solo lo smartphone sarà sempre più un portamonete, ma il social network di Zuckerberg diventerà uno Stato
Hanno leggi proprie, accolgono ogni mese un numero di utenti superiore agli abitanti della Cina e vantano un fatturato che assomiglia al Pil di un Paese in via di sviluppo. Quello che ancora manca ai nuovi Stati online è una moneta tutta loro, ma stanno rimediando. Facebook ha appena annunciato che nel 2020 lancerà Libra, criptovaluta globale a misura di smartphone, con cui sarà possibile inviare e ricevere soldi con la stessa facilità con cui si condividono foto, testi e messaggi vocali.
Per Damian Tambini, professore alla London School of Economics e curatore del libro Digital Dominance sul potere delle «big four» del settore hi-tech, edito dalla Oxford University Press, è il caso di preoccuparsi. Forgiare una moneta farà del social network uno Stato vero e proprio? «La domanda è meno assurda di quanto potrebbe sembrare. Il colosso di Menlo Park, al pari degli altri giganti, per molti versi si comporta già oggi come un governo, assumendo decisioni che impattano sulla vita reale dei cittadini. Nello stabilire che cosa si può dire e cosa no sulla sua piattaforma, Facebook limita per esempio la libertà di espressione fissando dei paletti diversi da quelli presenti nel mondo offline». Se la moneta di Mark Zuckerberg avrà successo, allora anche gli altri colossi del web potrebbero intraprendere questa strada e aprire una loro Zecca.
In che misura i nascenti «governi online» rappresentano oggi una minaccia per gli Stati offline? «Se i giganti hi-tech dispongono di tanto potere è per via del fatto che non sono soggetti a una regolamentazione adeguata: l’impatto che hanno sulla società reale appare fuori controllo», continua il ricercatore della London School of Economics. In compenso, gli Stati stanno tentando di arginare lo strapotere delle grandi compagnie digitali. «Nel 2016 l’Unione europea ha approvato il nuovo regolamento generale sulla protezione dei dati, che da maggio scorso si applica in tutti gli Stati membri, proprio per restringere il perimetro entro cui Facebook e gli altri possono raccogliere i dati degli utenti».
C’è però ancora molto da fare. «Paesi come il Regno Unito, la Francia e la Germania si preparano a varare delle leggi ad hoc con cui limitare ulteriormente lo spazio di manovra delle grandi aziende tecnologiche». Queste ultime sono finite sotto attacco anche negli Stati Uniti, dove il governo si accinge a investigare l’enorme potere che hanno accumulato.
Chi la spunterà? «I colossi online controllano il nuovo petrolio, ovvero la massa di dati personali che ogni giorno gli utenti riversano in Rete. La quantità di informazioni a cui hanno accesso quotidianamente e la rapidità con cui sono in grado di processare i dati al fine d’influenzare i comportamenti e le decisioni degli utenti conferiscono loro un enorme vantaggio. Oltre che per gli Stati offline, ciò costituisce una minaccia anche per i singoli cittadini e pone a rischio i nostri diritti fondamentali». I Parlamenti dei vari Paesi e le authority di controllo coinvolte dovranno dare il loro meglio per non farsi travolgere.