FUTURO Intelligenza artificiale, nuove frontiere
Le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale preparano scenari preoccupanti per tutti i lavori meccanici e ripetitivi. Per affrontarli è nato un network europeo
In principio fu la paura. Quella che film come 2001: Odissea nello spazio (1968) e poi Blade Runner (1982) diffusero fra il pubblico. Poi fu l’euforia, che negli ultimi dieci anni ha portato gli investimenti americani e cinesi in ambito tecnologico ad avere il più alto tasso di crescita economica. Adesso per l’Europa – e in primo luogo per l’Italia – è il momento di prendere posizione. Pierluigi Contucci, professore di Fisica Matematica all’Università di Bologna, è stato chiamato a far parte di un «Cern dell’intelligenza artificiale» voluto dal Miur (ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e che ha firmato un accordo internazionale a Parigi. Lo scopo? Far sì che anche l’Europa trovi un proprio spazio.
Ci sono ancora molte paure da superare? «Quello che ipotizzava Kubrick in 2001, computer che prendono decisioni autonome, in realtà è fuori dalle nostre previsioni. Piuttosto, sono altri i pericoli».
Quali?
«Nel mondo ci sono milioni di videocamere che ci osservano. Oggi i loro dati vengono analizzati dall’uomo, ma se un giorno fosse una macchina a farlo: immagina i rischi, dal punto di vista per esempio della privacy? Come tutte le conoscenze, anche l’intelligenza artificiale deve essere ben governata. Come la lama di un coltello, che può essere più o meno buona a seconda di chi la usa». E come si fa a scegliere chi la governa?
«Ci vogliono commissioni di esperti di etica che lavorino a fianco di giuristi, medici, fisici, informatici. Il problema della governance è un problema di principi, che permettano di distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è».
Formare gli esperti sarà un processo lungo. «Non c’è tempo da perdere. La Rivoluzione industriale dell’Ottocento ha cambiato completamente la vita, ma lo ha fatto in tempi lunghi. Oggi, è tutto ultra-accelerato, e per l’Italia la situazione è anche più complessa perché le nostre istituzioni hanno un notevole grado di inerzia. Ma pensi solo a quello che succederà nel mondo del lavoro».
Le tecnologie faranno perdere posti.
«In Europa ci sono circa 12 milioni di camionisti. Quando arriverà la guida automatica, ed è questione di poco, questi si troveranno disoccupati, così come i taxisti. Diversi lavori potrebbero scomparire prima che ne nascano altri, mentre la Rivoluzione industriale fu deleteria per chi lavorava al telaio però diede il tempo di reinventarsi nelle fabbriche. Oggi, invece: come ricollochiamo chi perde il lavoro? Si rischiano attriti sociali fortissimi».
Lo dicono anche a noi giornalisti.
«Ma forse voi rischiate meno: i lavori dove è richiesta più creatività e il piccolo artigianato saranno quelli meno a rischio».
La rete europea come funzionerà?
«A Parigi ci siamo confrontati per lavorare insieme. Certo, Germania e Francia amministrano 1,5 miliardi di fondi pubblici e altrettanti privati per l’intelligenza artificiale».
E l’Italia?
«La domanda me la pongo anch’io. Però non dimentichiamo che allo Stato la formazione di un professionista costa 200 mila euro. Poi, quando lo abbiamo formato per bene lo lasciamo andare da Google o Amazon o Facebook, che offrono stipendi fino a dieci volte quelli italiani. È come fare una Lamborghini e poi regalargliela».