LIVING Scorribanda a Málaga, la città di Picasso
È nata una nuova Barcellona dal clima tropicale? Málaga è la città di Picasso, Banderas, del Centre Pompidou (unico spin-off al mondo dell’istituzione parigina) e dello chef-star Dani García. Nel buen retiro degli europei che comprano enormi case con patio alla Zorro, tra arte, nightlife e indirizzi per un weekend d’estate
«Si chiamerà Teatro del Soho: a Málaga mancava uno spazio per il musical e la drammaturgia contemporanea: ora l’avrà». A parlare è Francisco Javier, fratello minore di Antonio Banderas, divo malagueño y mundial che insieme con CaixaBank sta ristrutturando l’antico Teatro Alameda, e il prossimo 15 ottobre debutterà come impresario, regista e attore in una versione andalusa di A Chorus Line. Un gesto di ringraziamento verso la sua città natale, dove è idolatrato quanto Pablo Picasso e possiede un attico con riproduzione privata del Centre Pompidou Málaga, l’unica succursale al mondo dell’istituzione culturale parigina, inaugurata qui nel 2015: il cubo multicolore firmato dall’artista Daniel Buren, divenuto simbolo della città, Banderas se l’è fatto realizzare in scala ridotta sul terrazzo di casa, e lo utilizza come bersò per ripararsi dal sole. A Málaga ci torna per ogni Settimana Santa, per le processioni della sua confraternita, Lágrimas y Favores (per ammirare uno dei troni colossali, trasportato da duecentocinquanta uomini: Cofradía del Santo Sepulcro, calle Alcazabilla 5). E tutte le estati lo si trova a spasso lungo il paseo marítimo che porta il suo nome, un lungomare pedonale punteggiato di chioschi e merenderos dove dal tramonto alla notte le sardine sfrigolano sugli spiedi larghi come spade (espetos de sardinas). Così come accade in tutte le tredici spiagge e i diciassette chilometri di costa sabbiosa che incoronano questa provincia andalusa, benedetta da trecentoventi giorni di sole l’anno (per un pranzo a base di frutti di mare: Gutierrez Playa, paseo marítimo Antonio Banderas 6).
C’è la spiaggia nudista e gay friendly del Parador del Golf, non lontana dalla capitale queer di Torremolinos. Quella familiare della Malagueta, a un passo dal terminal delle crociere e che ad agosto diventa il cuore pulsante della Feria de Málaga (la festa più importante dell’estate, quest’anno dal 15 al 24). E poi La Misericordia e Pedregalejo, tra le case dei pescatori e la terrazza bianca de Los Baños del Carmen, dove si canta flamenco e si cena con l’acqua del mare che sciaborda contro il parapetto e sembra poter spazzar via la tavola imbandita, di fronte a uno dei tramonti più larghi e rossi di Málaga. «Grazie alle dieci stelle Michelin distribuite nei suoi ristoranti e ai centoventisette prodotti Docg, il livello della cucina malagueña non ha paragoni col resto dell’Andalusia», rivendica Mario Rosado, chef ventinovenne di Yubá, indirizzo fusion con una terrazza a ridosso del campanile della chiesa di San Juan. Tra i suoi indirizzi gourmet preferiti: Aire Gastrobar, La Alvaroteca e La Terraza de La Alcazaba, con vista sulla fortezza moresca risalente all’anno Mille, in cima alla collina di Gibralfaro. Tra i nostri:
Palocortado, con l’indimenticabile tonno piccante e uovo in camicia e l’ostrica alla brace con salsa olandese (calle Molina Lario 13, accanto alla cattedrale). E La Peregrina, chiassosa osteria dove cenare a base di pulpo a la brasa a prezzi risibili (calle Madre de Dios 37).
Antico porto siderurgico, il 25 ottobre 1881 Málaga ha dato i natali a Pablo Picasso, la cui casa d’infanzia in plaza de la Merced è visitabile, ma obiettivamente non indimenticabile. Mentre il Museo Picasso inaugurato nel 2003 (calle San Agustín 8) è una giostra infinita nella mente del maestro, tre piani e ottomila metri quadrati di opere donate dagli eredi, trecento in tutto, tra cui il potentissimo e mai domo Mosquetero con espada realizzato quando aveva già novant’anni. «Questa inaugurazione ha rappresentato per noi ciò che il Guggenheim è stato per Bilbao», dice Maria Piédrola, che si occupa della promozione turistica per il comune. La città più multiculturale d’Andalusia, vissuta per anni all’ombra delle vicine Granada e Siviglia, ora è di moda. Grazie alle terrazze panoramiche sull’acqua degli hotel Miramar, Room Mate Valeria e AC Palacio. E ai trentasette musei che ne tambureggiano l’offerta culturale, tra cui spiccano le opere iperrealistiche del Museo Carmen Thyssen con le scene di vita quotidiana viste dai romantici andalusi dell’Ottocento: feste religiose, ubriachi nelle osterie, gli ammiccamenti amorosi tra le lavandaie e i pescatori. E poi il Centre Pompidou Málaga, costruito tre piani sotto il livello del mare e con una collezione permanente incentrata sul tema dell’Utopia, da Malevic a Kandinskij, Chagall e Boris Achour (centrepompidou-malaga.eu). Una città allegra, andalusa ma senza pesantezza, colonizzata da seimila pappagalli verdi (la cotorra argentina), che sciamano tra le palme e le sterlizie con stridore tropicale, amati dai viaggiatori ma invisi ai malagueñi perché tanto chiassosi da impedire la siesta in spiaggia nelle ore calde del pomeriggio. Una capitale del Sud dove il flamenco si suona dappertutto, «ma è un flamenco divertido y non jondo, per danzare e cantare con gioia», racconta Encarni Navarro, meglio nota come La Reina de El Pimpi, una trattoria storica fatta di stanze e stanzette, baretti e sale private, oltre a un patio che dà su un sontuoso cortile interno (calle Granada 62).
Professionisti da tutto il mondo stanno approfittando dei prezzi bassi per comprare case nel centro storico, pedonale dal 2003. L’aeroporto è collegato con centoquaranta voli internazionali e posizionato a meno di venti minuti dal centro. E il porto siderurgico è divenuto centro d’attrazione: il Muelle Uno, molo turistico riqualificato, è una teoria infinita di ristoranti e spazi culturali, dai più ovvi come l’Hard Rock Cafe ai più vibranti come El Artsenal (artsenal.es), un po’ galleria d’arte un po’ spazio concerti, con sedute sparse sotto il sole e le band che iniziano a suonare al tramonto sul palco a un soffio dall’acqua. Una Spagna urbana e tropicale, un po’ cubista un po’ street art (il quartiere Soho è una galleria di murales a cielo aperto), fatta di baci per strada e larghi sorrisi. Perché qui a Málaga, ripetono tutti quanti, vivimos bien.