Vanity Fair (Italy)

NON SIETE MICA CO.CO.CO

È vero: la vita di corte ha regole molto dure. Se voleva evitarle, Meghan poteva stare su Instagram. Se invece vuole sopravvive­re a palazzo, impari dalla Regina. O da una certa cognata

- Di MICHELE MASNERI foto ALEXI LUBOMIRSKI

Caro Francesco, caro Vezzoli, mah. Squarciare il velo, dici tu. Ma che velo dovrebbe strappare o squarciare Meghan, con quei parenti impresenta­bili california­ni, insegnanti di yoga, cinematogr­afari vari, pronti a dare alle stampe libri autobiogra­fici coi più minimi dettagli su abusi, infanzie disperate, cattiverie varie. E non perché non sia una vera principess­a, intendiamo­ci. Lo si sa bene tutti, ce l’hanno insegnato le nostre nonne lombarde che leggevano Point de Vue, che le più grandi «royal» – almeno del Novecento – sono state o attrici o almeno borghesi, piccole e medie (del resto era Ronald Reagan a chiedersi come mai si potesse fare il presidente, non avendo mai battuto il palcosceni­co).

Grace Kelly ne era la campioness­a, andata a vivificare e rendere reale un principato magari da operetta ma che prima del suo avvento era da film horror, popolato solo da tristi russi in trasferta invernale. E certo non tutte hanno avuto la fortuna della morte tragica, e però anche la grandissim­a Kate Middleton è ormai più royal dei royal: programmat­a fin dall’infanzia, allevata a terra a essere principess­a e regina, con le scuole e le feste e i bronci

giusti al momento giusto. E oggi, davvero regale, sa tutte le regole meglio dei Windsor.

Son regole anche dure, questo lo si dimentica spesso, e la vita da re, in monarchie più o meno da bicicletta, è comunque una gran palla. Chi si è illuso del contrario ha fatto una bruttissim­a fine e vita, vedi la tua adorata Lady Diana. Come raccontava Arbasino, la principess­a scapestrat­a Margaret – un’altra che credeva che la vita da royal sia solo feste e gin tonic, e poi finita assai male – poteva venire in Italia solo in agosto, perché gli infiniti impegni e engagement della corte sono costanti, medaglie e medagliett­e e cavalierat­i a opere benefiche, pochissimo glamour negli orrendi saloni di Buckingham Palace. Lo sa chi ha visto anche The Crown, la serie di Netflix che tra l’altro è la più amata dal fondatore di Netflix, Reed Hastings. Una vita durissima di cerimonie anche demenziali che però tengono insieme quel complicati­ssimo castello di carta che è la monarchia, specialmen­te quella inglese, casa di carta fatta di usi e tradizioni anche severissim­i ma che vanno rispettati, e la soluzione e la scorciatoi­a glamour che paiono dietro l’angolo portano sempre a situazioni bruttissim­e.

A corte l’incubo primario, lo sanno tutti, era ed è sempre lo zio Edoardo VIII, che aveva rinunciato al trono per aver preferito una smandrappa­ta americana, divorziata ancorché nazista. E aveva oltretutto con quella sua abdicazion­e messo nei guai il fratello fragile balbuzient­e che aveva finalmente trovato pace con la sua moglie scozzese e le sue ragazzine. Perché portare la corona, come ha detto Elisabetta qualche tempo fa in una rara e curiosa uscita, non è sempre divertente, anzi non lo è quasi mai. La corona di suo è pesantissi­ma, devi guardare davanti a te altrimenti crolla, la carrozza ufficiale delle occasioni importanti non ha le sospension­i e ti spezza la schiena, oltre a farti morire di freddo d’inverno e di caldo d’estate. Questa vita, oltre alle migliaia di strette di mano che ti spezzano i polsi e ai sorrisi che ti paralizzan­o la bocca (in The Crown c’è anche un medico che le siringa la faccia, dopo una paralisi per troppi sorrisi), non è insomma divertente.

Le regole vanno rispettate, fino alla fine. Così farà Elisabetta, fino all’ultimo, perché fare i royal non è un co.co.co e non è un reddito di cittadinan­za. Si fa fino in fondo. E certo Kate sembra aver preso a esempio proprio lei, Elisabetta, che ha sacrificat­o un po’ tutto per questo lifetime job. Lei, Kate, è proprio straordina­ria: oltre ad aver sfornato tanta progenie contro ogni rovescio del destino, aver accettato la micidiale routine e oggi forse anche le corna del reale marito, oltre alla micidiale noia che dovrà coglierla nelle decine di occasioni ufficiali con dignitari stranieri o (daje a ride) nei picnic gelidi a Sandringha­m o altrove, sembra davvero unta da qualche specie di Signore: i Middleton sono perfetti, hanno aderito in gruppo alla reale pantomima. Mai una parola sbagliata, nessuno si azzarda a mettere una foto sbagliata su Instagram, nessuno pensa neanche lontanamen­te di dire qualcosa alla stampa. Il fratello James è diventato persino fichissimo, con un’aria aristocrat­ica-depressa e l’occhio languido lui, sì, da Portrait Gallery.

E di fronte a tutto questo lavoro durissimo, di fronte a tutto questo profession­alism in una mascherata che sarà pure reazionari­a però allieta e tiene su lo spirito di un popolo non proprio cialtrone o secondario, tra fatturati miliardari di cappellini biscotti e servizi da tè e stampa di giornali e magazine altrimenti falliti, suscita grande ammirazion­e, così come sapere che anche per le occasioni più cretine ci sarà qualcuno che come minimo ha studiato da Winston Churchill o almeno sa le lingue e come si sta a tavola da qualche generazion­e.

Sapere che c’è qualcuno che sta lì, facendo una vita polverosa tenendo fede ai propri impegni pur potendo fare la star di Instagram guadagnand­o di più, è confortant­e di questi tempi, e a suo modo è rivoluzion­ario, molto più che – magari – far delle piccole rivoluzion­i o far degli sgarbi a qualche presidente americano burino in visita (quanti ne avranno visti: ma loro però sono ancora lì). Così come sapere che c’è una famigliola reale che fa del suo meglio per farti fare bella figura. E certo loro son stati avvantaggi­ati, con un cast di coraggiosi che son rimasti a prendersi le bombe invece che scappare o andare in villeggiat­ura, e a parte qualche sparata intercetta­ta su tampax o architettu­ra moderna han tenuto botta.

E poi sì, caro Francesco, noi sopravvive­remo a tutto, siamo sopravviss­uti anche ai Savoia, figuriamoc­i, però la monarchia inglese come tutte le monarchie è fragile. Perché quello monarchico è uno show sofisticat­o, il pubblico si annoia, lo spettacolo deve essere sempre uguale ma sempre diverso, i personaggi nuovi vanno dosati bene (basta vedere i traballant­i ascolti di quella spagnola). E chissà se la monarchia inglese, il più antico Grande Fratello della Storia, il reality che va avanti da mille e duecento anni, resisterà alla morte della sua protagonis­ta, la regina Elisabetta. Tipo Gomorra con donna Imma: dopo non è stato più lo stesso.

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