MIRIAM LEONE
Io sono la mia libertà
34 anni, fotografata da Camilla Armbrust. Abito, VALENTINO. Collana, MESSIKA. Make-up Nicoletta Pinna@ Simonebelliagency using Urban Decay Stay Naked e Skin Care Kiehl’s Pure Vitality. Hair Faik Zekaj@Simonebelliagency.
Quando un bambino va su YouTube e clicca sul video di Baby Shark, non sta solo guardando la canzoncina di successo entrata nelle top 40 di Billboard: sta dicendo a Google che è piccolo, che ama le filastrocche, dove si trova, per quanto tempo rimane connesso e se usa un tablet o uno smartphone. Tutti dati succosissimi per l’azienda, che prima lo profila e poi lo bombarda di pubblicità in streaming su misura. Ma qualcosa sta cambiando. Google deve rivedere le proprie pratiche sui minori perché è stata ritenuta colpevole di aver violato il Children’s Online
Privacy Protection Act, una legge federale americana che vieta il tracciamento commerciale di chi ha meno di 13 anni. La piattaforma video dove ogni minuto vengono caricate oltre 500 ore di contenuti, tra cui molti rivolti ai più piccoli, deve pagare una multa multimilionaria concordata con la Federal Trade Commission. «Potrebbe succedere qualcosa di simile anche in Italia», spiega l’avvocato Luca Bolognini, presidente dell’Istituto italiano per la privacy, «il trattamento dei dati dei più piccoli va incontro anche da noi a regole precise, per cui YouTube e tutti gli altri stanno rischiando. Ma il vero problema sono le zone grigie».
Che cosa intende?
«Google ha ammesso che è impossibile controllare completamente YouTube. Per quanto riguarda il tracciamento dei dati dei minori, in alcuni casi, è difficile capire chi c’è dall’altra parte dello schermo. Se il contenuto è espressamente rivolto ai bambini si immagina che l’utilizzatore sia un piccolo, ma il problema sono i contenuti per tutti, tipo le canzoni di Rovazzi. Si deve vietare la profilazione anche in questo caso? Così si rischia di affossare il mercato digitale».
E come si fa a evitare che i bambini vengano profilati?
«Facendo rispettare ai colossi digitali le leggi sulla privacy di tutti i Paesi».
Multandoli?
«Le multe, nonostante siano alte, sono sempre affrontabili. Facebook per il caso di Cambridge Analytica ha dovuto pagare 5 miliardi di dollari, ma solo nel primo trimestre del
2019 ne ha incassati 15,08. Il rischio è che paghino, ma che continuino a fare ciò che vogliono. Si deve pensare anche a sanzioni penali. Per esempio, se in Italia il garante vieta il trattamento dei dati e un’azienda continua a usarli, gli amministratori potrebbero finire in carcere».
Quali sono i rischi che corrono i bambini con la profilazione dei dati?
«Ci sono tre grandi rischi, il primo è l’effetto specchio. Con la personalizzazione dei contenuti il piccolo utente viene sempre messo davanti a ciò che gli assomiglia, non incontra mai il diverso e l’inaspettato, e a lungo andare potrebbe essere pericoloso per il suo sviluppo: si cresce solo con il confronto».
Il secondo?
«La profilazione incide anche sul futuro digitale dei più piccoli. Accumuliamo informazioni su di loro, che però nel tempo rischiano di non corrispondere più a chi sono diventati. Da adulti, molto probabilmente, non avrebbero mai postato quelle foto fatte dieci anni prima, non avrebbero mai scritto quella frase sui social. La loro reputazione digitale rischia di essere minata. Il terzo pericolo è se i dati finiscono nelle mani sbagliate, di delinquenti, pedofili».
All’inizio del 2019, YouTube ha sospeso i commenti sotto i video dei bambini per alcune denunce di post scritti da pedofili. Anche in Italia?
«Sì, anche nel nostro Paese sono stati bloccati i commenti. Però il problema rimangono sempre i contenuti neutri fruiti dai minori».
Quindi niente YouTube, TikTok, Instagram fino a 14 anni?
«No, vietare non serve. Bisogna insegnare l’igiene digitale sia a scuola sia a casa. Insegniamo cosa condividere sui social, a usare la navigazione in modalità protetta, a disattivare la geolocalizzazione. Poi, certo, i genitori devono essere sempre presenti quando un minore è su internet, soprattutto se molto piccolo. Come dice l’Oms, evitiamo di esporre i bambini sotto i due anni all’uso di schermi. E nel caso di YouTube, meglio scaricare YouTube Kids, un’applicazione più sicura ma ancora troppo poco usata».