LIVING VIAGGI
Il Salento, dove l’estate continua
Si può pensare di perdersi nelle illusioni, come suggeriva Guido Piovene più di mezzo secolo fa: «Il Salento è una terra di miraggi, ventosa; è fantastico, pieno di dolcezza; resta nel mio ricordo più come un viaggio immaginario che come un viaggio vero» o abbracciare in quelle sette lettere suggestioni, luci e racconti ancestrali di una terra diversa da tutte le altre. Sostiene un’altra scrittrice, Ilaria Macchia, che Salento sia «una parola piena» e scendendo a sud, costeggiando lA’ driatico attraverso la A14 o perdendosi nei granai d’Italia da Napoli fino a Bari lungo i veloci rettilinei della A 16, oltre la Valle d’Itria e poi più giù oltre Brindisi e Lecce, darle ragione è quasi un obbligo. Si riempiono gli occhi, cambiano gli odori, all’orizzonte si scorgono masserie, campi di terra rossa, torri di avvistamento, scogliere, spiagge, larghi gesti barocchi e strade di campagna che puntano direttamente a un cielo che ha in sé tutti i colori del prisma. Con una lunga storia di emigrazione alle spalle, prima di diventare luogo turistico, il Salento ha vissuto decenni di isolamento spezzato qui e là dalle imprese della squadra di calcio (qui crebbe l’attuale allenatore dell’Inter, Antonio Conte, il vivaio, regolarmente depredato dalle formazioni del Nord, era tra i migliori d’Italia e a metà degli anni ’80 il Lecce cominciò ad affacciarsi con una certa regolarità in Serie A), dagli exploit di statisti capaci di lasciare il segno prima di concludere tragicamente la propria parabola (Aldo Moro, nato a Maglie), imprenditori del calzaturificio come Antonio Filograna o cineasti come Edoardo Winspeare che a metà degli anni ’90, con Pizzicata, diede l’ideale la alla curiosità di chi tanto lontano con creme solari e ombrelloni non aveva mai pensato di spingersi. Fino a venticinque anni fa, il Salento era come dice Paolo Garofalo, titolare del Coco Loco, uno degli stabilimenti più belli della costa ionica, tra Torre San Giovanni e Leuca: «Una terra selvaggia». Diversa, non solo climaticamente, da quella raccontata da Jon Krakauer nel libro che spinse Sean Penn a girare Into the Wild, ma estrema per conformazione,