ROBERTO D’AGOSTINO
Un’estate italiana
Cosa resterà di questa estate scellerata e demenziale? La crisi di governo? La rissa tra il premier Conte e il suo vice Salvini? No. A rimanere nella memoria, in un’estate tutta al maschile, senza sirenette all’orizzonte, sarà lo scontro tra trucidume e bon ton. L’Italia è molte cose. Ma cos’è, veramente, l’Italia? Da Giuseppe Garibaldi ad Antonio Di Pietro le risposte non sono mancate, e anche la letteratura ci ha messo bocca (dai Promessi sposi di Manzoni a Fratelli dÕItalia di Arbasino). Ma se volessimo un’Italia 2019 da identificare senza esitazioni, un crogiolo (possibilmente umano) nel quale vedere il bene e il male, il Vaticano dello Spirito e il Vesuvio della carne, la forza e la scorza, le pippe e le frappe, io credo che un «nume» più potente e lampante di Matteo Salvini in modalità balneare, torso nudo e «maniglie dell’amore» non si potrebbe trovare. Non il Salvini che bacia il rosario in Senato, ma il Salvini da discoteca. Il Salvini da Papeete Beach di Milano Marittima, in questo passaggio della vita pubblica nazionale che, secondo i soliti soloni spiaggiati a Capalbio, va dal Post-moderno al Post-tribolo. E quelle «cubiste» spigliate e mezzechiappe spogliate, signora mia!, che sculettano l’inno di Mameli…
Quante se ne sentono. E quante ne dovremo sentire. Basta con la vita italiana sostituita da un immenso e grottesco villaggione turistico, dai soldi, dalla vertigine di forme inaudite di trucidezza, imbecillità e barbarie. Che vanno dalla scempiaggine televisiva alla demenza sportiva, dalla degenerazione del costume politico alle nuove forme di criminalità organizzata, e alla stolta e fatua idolatria di cui sono oggetto ciarlatani di ogni risma (pseudo artisti, influencer, e altri «creativi» vagamente analfabeti).
«Angoscia! Angoscia!», griderebbe un Mike Bongiorno all’incontrario. Insomma, non sappiamo dove andiamo, ma stiamo andandoci a rotta di collo e con le pezze al sedere. Che fare? C’è chi fa il solitario con le carte, chi butta in aria una monetina, chi sfoglia il cinese I Ching, chi spera in una malavita migliore («Ha da passa’ ’a nuttata»). E c’è chi, come il sindaco di Milano Giuseppe Sala, l’ex manager Pirelli che mira a fare il futuro premier del PD, che fa «opposizione» all’immagine burina e plebea del Truce, mojito e «cubiste» e infradito, postando una struggente foto dal suo buen retiro di Formentera in cui sfoggia una polo ben abbottonata, in mano una tazzina di caffè e sandali francescani da 300 euro. E con sussiego il sindaco a misura Duomo ammette di apprezzare le definizioni «tropical chic» o «trionfo del tropical socialismo» che gli dedicano i suoi follower. Ecco, in attesa delle consultazioni quirinalizie, finché alla Milano Marittima, coatta e popolare, ombrelloni e pedalò, la Sinistra elegante contrappone Formentera, barca e pesce al sale e signore «sfisicate» che annunciano di voler «rileggere» Elena Ferrante, Salvini può ballare tranquillo al Papeete Beach e far cadere uno, 10, 100 governi.
I tanti lavoratori che hanno perso la loro occupazione e si sentono ignorati dalle élite benestanti col ditino alzato che svacanzano a Formentera, non lo abbandoneranno. Un grande partito della sinistra europea come il Pci aveva una base tra i lavoratori. Nell’ultima generazione invece si è guardato soprattutto agli immigrati e alle minoranze etniche come le vittime di ingiustizie. Naturalmente queste categorie sono davvero vittime di ingiustizie. E tuttavia la sinistra parlando soprattutto a loro ha perso il contatto con le vecchie classi lavoratrici. Forse l’Italia non è Salvini. Ma certamente il Salvini di Milano Marittima, torso desnudo e panza all’aria, è quello in cui gli italiani più e meglio si riconoscono.