Vanity Fair (Italy)

Il diritto di dire: basta

«Non è sempre punibile chi aiuta al suicidio»: le parole della Corte Costituzio­nale hanno sciolto il caso di Dj Fabo. E per tutti gli altri?

- Di GRETA PRIVITERA

«Vivo a Torino, ho 34 anni, e sono all’ultimo stadio di una malattia neurodegen­erativa che non mi sta dando scampo». «Buongiorno, mi chiamo Andrea e mia madre, Ilaria, mi chiede di contattarv­i. È affetta da un tumore con metastasi a polmoni, addome e linfonodi». Questi sono gli incipit di alcune delle decine di email che Marco Cappato riceve ogni giorno. «Da marzo 2015 a oggi, abbiamo aiutato con informazio­ni sul suicidio assistito* 761 persone, se conteggias­simo anche gli anonimi il numero triplicher­ebbe», ci dicono dallA’ ssociazion­e Luca Coscioni. «Il comunicato stampa della Corte Costituzio­nale sul caso di Dj Fabo è una vittoria per tutti, soprattutt­o per loro: le persone che soffrono».

«Non è sempre punibile chi aiuta al suicidio», hanno scritto i giudici. Cappato rischiava il carcere per aver accompagna­to Fabiano Antoniani, Dj Fabo, il quarantenn­e milanese tetraplegi­co, in Svizzera a morire come chiedeva da anni. Le parole della Consulta hanno diviso l’opinione pubblica, la Chiesa si è detta «sconcertat­a», mentre parte della società civile ha parlato di «libertà». Ma cosa cambia davvero nei nostri ospedali? «È stato affermato un principio fondamenta­le: aiutare un paziente in certe condizioni a morire non è un reato», dice Mario Riccio, anestesist­a che staccò la ventilazio­ne meccanica a Piergiorgi­o Welby, e consiglier­e generale dellA’ ssociazion­e Coscioni, «ma ancora non è cambiato nulla. Noi siamo medici, non filosofi, e abbiamo bisogno di leggi chiare che definiscan­o il nostro operato in corsia».

La Consulta si è espressa sul suicidio assistito, ma non ha parlato di eutanasia**. «Dal 2017 abbiamo la legge sul testamento biologico: bene, ma non basta», continua Riccio. «In Olanda – Paese che ha reso legale l’eutanasia diretta nel 2002 – si stima che il 4% dei decessi totali della popolazion­e avvenga per morte assistita, è un dato stabile da 5 anni. Il 4% del totale delle morti in Italia, vuol dire circa ventimila persone. Stimare che qualche migliaio di loro chiederebb­e la morte assistita non è sbagliato. Serve una legge che dia risposte a queste persone».

Ci sono casi difficili da inquadrare come succede a volte nei reparti di rianimazio­ne. Nel 2007, l’Istituto Mario Negri - gruppo GiViTI, ha formulato un questionar­io sul fine vita in cui invitava i rianimator­i a rispondere anonimamen­te. È risultato che ogni anno, nelle rianimazio­ni, vengono ricoverati circa 150 mila pazienti. Di questi ne muoiono circa 30 mila. E di questi 18 mila muoiono perché un dottore ha deciso di non iniziare, interrompe­re, o ridurre le terapie. «Si chiama desistenza terapeutic­a, il risultato è sempre la morte determinat­a da una scelta medica. Pochissimi di questi hanno fatto il testamento biologico. E tra di loro ci sono sicurament­e dei casi Englaro, ossia dei possibili stati vegetativi». La scelta di non iniziare, diminuire o interrompe­re le terapie, in alcuni casi è una decisione fatta dai medici insieme ai familiari, che si trovano a dover ricostruir­e la volontà del paziente, un’azione che potrebbe comportare un rischio anche legale. «Ci troviamo a lavorare in una zona d’ombra dove ci assumiamo delle responsabi­lità ai limiti della legalità», dice Riccio.

Un altro esempio sono le cure palliative. Può capitare di accelerare la morte del paziente aumentando il dosaggio di alcuni farmaci: «Per me, moralmente, questo tipo di azione è uguale al suicidio assistito, all’eutanasia o all’interruzio­ne di un trattament­o salvavita», spiega Riccio. «Anche per il cardinal Bassetti sono atti identici che lui condanna, ovviamente. A differenza sua, io li trovo giusti se c’è la volontà del paziente. Ed è per questo che sogno una legge simile a quella olandese che ci liberi dall’ipocrisia».

*Suicidio assistito: La procedura in base alla quale il medico fornisce al paziente un farmaco in grado di provocare la morte, che utilizza da solo, senza l’azione attiva del medico.

**Eutanasia: È l’atto che provoca intenziona­lmente la morte di un paziente d’accordo con la volontà di quest’ultimo. C’è l’eutanasia attiva, ovvero quando viene praticata per esempio un’iniezione letale, e l’eutanasia passiva, quando viene sospeso un farmaco o una procedura salvavita.

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Marco Cappato, 48 anni, e Valeria Imbrogno, 40, ex compagna di Fabiano Antoniani, alias Dj Fabo, il quarantenn­e che ha scelto il suicidio assistito in Svizzera il 27 febbraio 2017.
SORRISI Marco Cappato, 48 anni, e Valeria Imbrogno, 40, ex compagna di Fabiano Antoniani, alias Dj Fabo, il quarantenn­e che ha scelto il suicidio assistito in Svizzera il 27 febbraio 2017.

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