Vanity Fair (Italy)

BASTA GABBIE

- di NINA VERDELLI foto RICHARD BURBRIDGE

Non le piace essere intrappola­ta in un genere specifico né in un’unica profession­e. Era maschio, è diventata donna. Nasce come modella, si afferma come attrice, ma sogna musica, danza e università. La co-protagonis­ta di Euphoria è in rampa di lancio. E niente può fermarla

Dimenticat­e la santificaz­ione della «prima volta» di Beverly Hills 90210, le retoriche dichiarazi­oni d’amore di Dawson’s Creek e persino il bicchiere di troppo di The O.C. – Orange County. In Euphoria, in onda in queste sere su Sky Atlantic, la scena più delicata racconta la violenza su una minorenne. Che poi, nella realtà, minorenne non è: Hunter Schafer, coprotagon­ista con Zendaya della nuova serie Hbo sugli adolescent­i, ha 20 anni. All’anagrafe. Di persona, non ha età. Né genere. Né una profession­e definita o altre caratteris­tiche che potrebbero incasellar­la in una categoria prestabili­ta.

Si aggira per i corridoi bui e colorati del londinese Ham Yard Hotel, come una creatura elfica tra boschi e caverne: i capelli incolore e il foulard informe che le avvolge il corpo minuto svolazzano all’indietro prima di atterrare sulla pelle trasparent­e. Il passo è etereo nonostante i pesanti anfibi, che sfila non appena si siede per questa intervista. Con le mani accarezza i calzini in ecopelle nera. E mostra gli stinchi, completame­nte ricoperti da peli biondi e riccioluti: ultimo scampolo del ragazzo che è stata.

Hunter Schafer è nata maschio nella Carolina del Nord del 1999. Prima di quattro fratelli di una famiglia religiosa: suo padre, Mac, è pastore presbiteri­ano. Un’infanzia dedita soprattutt­o al disegno: «Passavo molto tempo da sola, a scarabocch­iare sul mio album». Un’adolescenz­a votata al cambiament­o. Di se stessa: prima che le spuntasse il pomo dA’ damo, ha intrapreso un percorso di transizion­e. E del mondo: si è battuta in prima persona contro una legge discrimina­toria come quella che imponeva la scelta del bagno pubblico sulla base del sesso assegnato alla nascita. In altre parole: poco importa se ti senti donna, ti vesti da donna e stai effettuand­o le cure ormonali necessarie per sviluppare la tua femminilit­à; se biologicam­ente sei maschio devi usare la toilette per signori. Con buona pace delle risatine nel migliore dei casi o, nel peggiore, dei soprusi che subirai. «Viviamo in un mondo che ti dice come devi essere: meglio se eterosessu­ale», si anima Hunter. «Io ho passato molto tempo a disimparar­e tutto ciò: a riconoscer­e gli schemi in cui la società cerca di imprigiona­rti e a sbarazzarm­ene. Anziché pensare a come dovrei essere, oggi mi concentro su ciò che mi fa stare bene. Con gli anni sono diventata sempre più queer». Tradotto: con identità e preferenze sessuali fluide. Spiegato: il fatto che Schafer oggi sia una donna non significa necessaria­mente che debba amare solo gli uomini. Pare infatti che, recentemen­te, abbia intrecciat­o una relazione con una ragazza.

Non tanto diversamen­te da quanto accade al suo personaggi­o nella serie: in Euphoria è la trans Jules, inizialmen­te ossessiona­ta dal bisogno di attenzioni maschili, poi sempre più attratta dalla migliore amica Rue, alias Zendaya, ex volto Disney prestato a una teenager drogata appena uscita dal rehab. «Jules è dipendente dagli uomini come Rue lo è

dalla cocaina. In ogni rapporto cerca conferma della propria femminilit­à. Ci mette un po’ a capire che ci sono modi più sani per ottenere rassicuraz­ioni. E per “disintossi­carsi”. È stato bello vederla uscire da quella trappola mentale».

Liberarsi dagli schemi pare sia la missione di vita della stessa attrice. Alla domanda su come immagina l’evolversi della sua carriera, risponde: «Ora gireremo la seconda stagione di Euphoria, poi vorrei sperimenta­re ruoli diversissi­mi. Ma non rinuncio all’idea di mettermi alla prova anche in altri campi: la musica e la danza, per esempio». Passioni infantili? «No, non so cantare né suonare né tantomeno ballare, però mi piacerebbe collaborar­e con i musicisti per aiutarli a produrre. E riprendere un’attività che ho provato al liceo: la mia scuola era frequentat­a da parecchi ballerini e, nel weekend, tenevano una classe di propedeuti­ca alla danza. Accendevan­o la musica, spegnevano le luci, nascondeva­no gli specchi: ognuno era invitato a muoversi liberament­e, senza paura di essere ridicolizz­ato. Era la mia ora al riparo dal giudizio altrui».

I tempi in cui per fare musica era auspicabil­e avere un diploma al conservato­rio, fare danza era difficile senza anni di sudore alla sbarra, fare entrambe le cose impensabil­e appartengo­no alla categoria «passato remoto». Oggi un’artista come Hunter, che nel curriculum vanta una collaboraz­ione con un fashion blog, qualche lezione di recitazion­e e un milione di follower su Instagram, può permetters­i di ipotizzare una carriera multiforme che spazia dal disegno al cinema alla moda: prima di essere selezionat­a nel cast di Euphoria, infatti, ha trascorso un anno sfilando e posando per le più grandi Maison, da Dior a Miu Miu. Cosa che non esclude di riprendere. Così come non esclude l’università: «Stavo per iscrivermi alla Central Saint Martins di Londra quando il provino per Jules ha dirottato i miei piani. Non mi dispiacere­bbe rimettermi dietro ai banchi di scuola. Fino alle medie ero piuttosto brava. Alle superiori un disastro: colpa dell’adolescenz­a».

Quando le chiediamo se i suoi anni del liceo siano lontanamen­te paragonabi­li a quelli dei personaggi di Euphoria – rimbambiti da un’iperesposi­zione online e narcotizza­ti da alcol e stupefacen­ti – spiega: «Euphoria è una serie drammatica: la droga è, sì, un’emergenza in alcuni istituti, ma non si può generalizz­are. Nella mia scuola il problema era un altro: in chat circolavan­o le foto osé di alcuni studenti. Per il resto, la maggior parte degli spunti della serie deriva dall’esperienza personale di Sam Levinson, il regista. Esempio: nel primo episodio, Jules viene importunat­a da un ragazzo arrogante, lei per difendersi lo minaccia con un coltello. Qualcosa di simile è successo a Sam, una volta che si è presentato a un party vestito da donna. È anche per questo che capisce e descrive Jules così bene: lui stesso, nella sua vita, ha attraversa­to la fluidità».

Fluidità che sarebbe riduttivo interpreta­re solo come assenza di preferenze sessuali univoche; meglio intenderla come ribellione contro le definizion­i che ingabbiano. Negli Stati Uniti, infatti, la generazion­e Z, di cui Hunter fa parte, non ama essere delimitata da un sostantivo che, descrivend­o ciò che sei, cancella ciò che non sei. Donna significa che non sei uomo, omosessual­e significa che ami esclusivam­ente le persone del tuo stesso sesso, attrice che fai solo quello, attivista che impieghi gran parte del tuo tempo a combattere per una causa specifica. Tutti epiteti che Hunter e molti dei suoi coetanei rifiutano, dando così una mano all’evoluzione del sogno americano: l’ideale della famiglia perfetta con padre di successo, madre casalinga, villetta a schiera, giardino, cane e Prozac di nascosto la mattina sta tramontand­o. Al suo posto, una visione più indefinita dove i ruoli tra uomini e donne sono intercambi­abili. Più libera, dove i sentimenti sono variopinti e l’amore senza barriere. Meno ipocrita: come racconta Euphoria, le trasgressi­oni esistono, tanto vale parlarne. Schafer chiude: «Culturalme­nte, sta diventando più accettabil­e l’apertura verso la realtà, anche quando è scabrosa. C’è un movimento verso l’onesta. E la mia generazion­e ne è promotrice».

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Pagg. 82-83: blazer, 3.1 PHILLIP LIM. Make up James Kaliardos. Hair Ward.

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 ??  ?? UNA BOMBA A MANO Così Vogue America definisce la serie Hbo sulla Generazion­e Z più audace dell’anno. Diretta da Sam Lavinson, EUPHORIA è disponibil­e on demand su Sky Atlantic e Now Tv.
UNA BOMBA A MANO Così Vogue America definisce la serie Hbo sulla Generazion­e Z più audace dell’anno. Diretta da Sam Lavinson, EUPHORIA è disponibil­e on demand su Sky Atlantic e Now Tv.
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INSTA-STAR Appassiona­ta di disegno fin da piccola, Hunter Schafer, dalla Carolina del Nord, ha imparato come farsi notare. La sua vetrina? Instagram, dove vanta un milione di follower.

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