Vanity Fair (Italy)

MATTHEW McCONAUGHE­Y

Devo tutto a Camila

- di ALESSANDRA MATTANZA foto GEORGE PIMENTEL

Matthew McConaughe­y custodisce in sé quello spirito texano alternativ­o e camaleonti­co che lo porta a decidere sempre di testa sua. Scherza e racconta storie di episodi di vita vissuta o di eccentrici personaggi in cui si è imbattuto nel suo percorso. «Ho sempre amato il potere delle storie, dei ricordi, delle memorie: le esistenze di uomini fuori dall’ordinario, che non seguono le regole della società, ma il loro istinto», dice. Vive ad Austin, in Texas, dove c’è tutta la sua famiglia, anche se fa su e giù con Malibu, dove ha parcheggia­to un furgoncino da surfista. Al SXSW, il festival del cinema e della musica di Austin, c’era anche la moglie Camila Alves, modella brasiliana: «Ricordo come fosse ieri quando l’ho vista: è stata una sorta di visione. Una creatura luminosa incontrata in un nightclub di Los Angeles dove non avrei dovuto essere e andai solo per accompagna­re qualche amico single tra cui Lance Armstrong. Ero felicement­e solo anch’io e non stavo cercando una compagna. O almeno così credevo. Stavo preparando dei Margarita a un tavolo e cercai di attirare la sua attenzione per farla venire da me. Lei non si muoveva e allora io invitai lei e le sue amiche a prendere un drink. Da allora, nonostante lei parlasse solo portoghese e io uno spagnolo maccheroni­co, fu tutto magico. Mi concesse il primo appuntamen­to dopo tre lunghissim­i giorni e da allora non ho mai smesso di avere voglia di vederla». È stata Camila a sostenerlo nella scelta di rifiutare ruoli nelle commedie romantiche per altri più ambiziosi e difficili in The Lincoln Lawyer, Killer Joe, True Detective o Dallas Buyers Club per cui ha vinto l’Oscar. «Camila sapeva che per un periodo non sarebbero entrati molti soldi e nonostante aspettasse un bambino fu lei a convincerm­i a dedicarmi a qualcosa in cui potessi esprimere al meglio il mio talento. Abbiamo fatto sacrifici, ma ne è valsa la pena».

Quest’anno Matthew ha scelto di recitare nel fantasy thriller Serenity al fianco di Anne Hathaway, nel folle, nuovo film di Harmony Korine, The Beach Bum, una commedia tra eccessi, droghe e sesso, e di accettare un piccolo ruolo, recitando se stesso, in un’altra commedia Netflix Between Two Ferns: The Movie. A gennaio uscirà invece l’atteso film di Guy Ritchie, The Gentlemen, in cui interpreta un americano che ha costruito un impero della marijuana a Londra.

Lei è molto legato al Texas, il suo Stato d’origine, al punto che ha deciso di tornare a vivere a Austin.

«Sono molto vicino alle mie origini, ma prima di tutto alla mia famiglia, a mia madre e ai miei fratelli (ne ha due più grandi: Michael, detto “Rooster”, è un milionario che si è fatto da solo e recita nel reality show Rooster & Butch, e Patrick è stato adottato dai genitori, che hanno divorziato due volte e si sono risposati tre, ndr), e volevo che i miei figli crescesser­o con gli stessi valori che ho conosciuto io. Poi Austin è una cittadina molto interessan­te, con una ricca scena musicale e culturale e delle ottime scuole».

Lei viaggia comunque molto per lavoro, di recente è stato a Londra per girare The Gentlemen…

«Sì, è una città che ho amato moltissimo, è di certo, insieme a New York, uno dei posti che preferisco in assoluto. Ed

è stata una sorpresa, non pensavo di trovarmi tanto bene».

Per The Beach Bum ha trascorso diverso tempo a Miami e a Key West.

«Non è stato male, come essere in vacanza, con droga finta da consumare sul set, dato che i personaggi ne assumono quantità incredibil­i. Moondog, il mio, è uno scrittore eccentrico che va alla ricerca dell’ispirazion­e ovunque. Per prepararmi, mi sono ispirato a una miscela di personaggi incontrati nella mia vita e alla musica. Mi sono lasciato dirigere dal regista come se lui fosse un dj e io la musica che lo assecondav­a. Ho seguito il ritmo di un uomo che ama gli eccessi e si lancia in avventure stravagant­i. Ho sviluppato Moondog come fosse un poeta folk, alla ricerca del verbo, ma quando abbiamo finito di girare ero decisament­e pronto per tornare me stesso. In fondo, amo la mia vita tranquilla. Ma è stato bello girare sul mare. Sono un tipo che adora la vita da spiaggia. A Los Angeles ho trascorso estati davvero memorabili in questo senso».

E ama vivere anche nei furgoncini da surfista.

«Quella passione mi è venuta perché amo tantissimo viaggiare guidando, perché penso si vedano e conoscano meglio i luoghi e perché posso ascoltare la musica, un’altra mia grande passione».

Come è stato lavorare con Snoop Dogg?

«C’è una forte intesa tra noi e penso si capisca anche guardando il film. E poi, lui ha voluto improvvisa­re, imporre le sue regole o le sue abitudini sul set, per essere più autentico e mettere qualcosa di suo in quel ruolo. È stato tremendame­nte divertente. E vedrete come sa essere sexy». (sorride)

Ci sono diverse scene di sesso esplicito nel film: lei non ha mai temuto di esporsi anche in questo senso.

«Sono un attore e un artista: se è necessario mi immedesimo completame­nte nel ruolo».

Sua moglie non è mai gelosa?

«Camila sa benissimo cosa mi aspetta sul set perché legge anche lei le sceneggiat­ure. Sa che spogliarmi è parte del mio lavoro perché io e lei condividia­mo gli stessi valori. Non le importa che io sia una star, fin dall’inizio ha voluto conoscermi come uomo. Sapevo che se l’avessi delusa non avrei mai avuto possibilit­à. Ed è accaduto che avessimo i nostri primi due figli prima di sposarci, e a un certo punto è stata lei a chiedermi quando sarebbe stato il momento giusto per consolidar­e la nostra famiglia… (Levi e Vida sono nati nel 2008 e nel 2010, e Livingston nel 2012, qualche mese dopo il loro matrimonio, ndr). Per lei la priorità è sempre stata la nostra famiglia, prendersi cura dei nostri figli e di me. Abbiamo un tempo per noi, un tempo solo nostro per continuare a nutrire il nostro rapporto. Devo confessare che è lei la decisionis­ta, costanteme­nte presente e attenta. Non ho tempo di avere dubbi, non mi resta che assecondar­la». (ride)

Quando viaggia, porta sempre la famiglia con sé?

«Grazie ancora a Camila, è lei che ha insistito che andassimo insieme a conoscere altre culture e civiltà. Credo che per i miei figli sia molto importante viaggiare con noi. Se vedesse i loro passaporti troverebbe gli stessi timbri che riempiono i nostri».

Seguite una particolar­e educazione?

«Io e Camila abbiamo la stessa visione, vogliamo che i nostri figli si confidino con noi, ma ci teniamo a mantenere il nostro ruolo fermo di genitori capaci di infondere un senso di disciplina. Poi ci sono loro. Le loro individual­ità. I loro caratteri. Sappiamo che possiamo aiutarli a crescere, ma che poi a guidarli sarà la loro personalit­à. Vida è più simile a Camila, tende spesso a mettersi nei guai o a provocarli, e ad avere una sua opinione su tutto. È decisa e determinat­a. Livingston ama improvvisa­re scherzi, va spesso fuori controllo e fisicament­e è fortissimo. Se facciamo wrestling insieme, quello che esce con i lividi sono io, non lui. Camila sostiene che Levi sia più simile a me, perché ama soprattutt­o la musica. Già a 2-3 anni improvvisa­va note al pianoforte e ora scrive anche canzoni e melodie. È un grande fan del gruppo sudcoreano BTS, ha imparato tutte le canzoni e lo vedo spesso fare rap coreano. Da parte mia amo diversi tipi di musica e mi diletto a scoprire nuovi talenti».

Tra le varie cause che sostiene, ha dato vita alla Just Keep Livin Foundation.

«La mia fondazione si prefigge di aiutare i giovani a studiare

Mi capita di spogliarmi per lavoro, ma per mia moglie Camila non è mai stato un problema: legge i copioni e condividia­mo gli stessi valori

e ad avere un’educazione. I miei genitori mi hanno instillato questo principio, al punto che, prima di rendermi conto che non potevo fare a meno di recitare, ho pensato che sarei diventato avvocato. A mio padre penso spesso: morì quando avevo solo ventun anni e stavo girando La vita è un sogno, il film che diede una svolta alla mia carriera. L’immenso dolore per la perdita di mio padre ha ispirato il nome della fondazione che è un modo per mantenere viva la sua memoria».

Cosa ricorda di lui?

«La voglia di non mollare mai. Era un uomo d’affari nato in Mississipp­i e cresciuto in Louisiana. Ebbe i suoi alti e bassi: c’erano momenti in cui il denaro non mancava e altri in cui non l’avevamo proprio. Lui però ci insegnò a non mollare mai, a lavorare duramente e combattere, a non perdere tempo a commiserar­ci, ma a trovare soluzioni concrete. Mia madre gli faceva eco, spesso veniva con me sul set e insisteva a darmi consigli. Sono stati comunque i miei figli ad avvicinarm­i ancora di più al ricordo di mio padre. Con la paternità sono cambiato anche io: ho voluto davvero diventare un uomo migliore».

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Matthew McConaughe­y, texano, 50 anni a novembre. Con Dallas Buyers Club nel 2014 ha conquistat­o l’Oscar come miglior attore protagonis­ta.
IL PASSATO È UNA TERRA STRANIERA Matthew McConaughe­y, texano, 50 anni a novembre. Con Dallas Buyers Club nel 2014 ha conquistat­o l’Oscar come miglior attore protagonis­ta.

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