Vanity Fair (Italy)

JOHN TURTURRO

Jesus Quintana è tornato

- di FRANCESCA LO SCHIAVO foto MARK MANN

«Sono appena uscito da una classe di yoga. Prima facevo Pilates, ma mia moglie mi ha convinto a cambiare e dall’anno scorso frequento un centro di iyengar a Brooklyn. Da giovane ho fatto molte classi di danza, ho giocato a pallavolo a un alto livello, ho un buon training fisico. Ma invecchian­do lo yoga è migliore. Quello che faccio io, fra l’altro, è anche duro». Bastano quattro frasi a delineare un mondo. E quello dell’italoameri­cano più amato da Martin Scorsese, Spike Lee e dai fratelli Coen sembra più libero dai cliché dominanti nell’ambiente. Non a caso John Turturro simpatizza più per i ruoli succosi che per quelli con cui si sbancano i botteghini. L’unico momento in cui ha ceduto a una franchise è stato nel 2007, quando ha recitato in Transforme­rs di Michael Bay, che però non ha scalfito il pilastro del cinema indipenden­te americano che è. Nato a Brooklyn da genitori italoameri­cani, padre carpentier­e, madre cantante jazz, è uno che con le sue sole forze e un vassoio di pasticcini ha convinto Scorsese a dargli una parte in Toro scatenato, vinto una borsa di studio alla Yale School of Drama, e fatto piccole parti spesso nei panni di emarginati. Finché non lo ha pescato Spike Lee e con Pino in Fa’ la cosa giusta, nel 1989, ha lasciato il segno. «Ho iniziato col teatro ma non conoscevo nessuno nell’ambiente», racconta con voce roca l’attore di teatro e cinema, regista e sceneggiat­ore, «mi sono dovuto buttare». Il 16 ottobre alla Festa del Cinema di Roma si vedrà in Jesus Rolls - Quintana è tornato (dal 17 al cinema), che ha scritto, diretto e interpreta­to. Un film con cui allarga gli orizzonti del memorabile protagonis­ta, l’amatissimo giocatore di bowling de Il grande Lebowski. La storia vede Quintana (Turturro) uscire di prigione e allearsi con altri due disadattat­i (Bobby Cannavale e Audrey Tautou). Madre prostituta (una bellissima Sonia Braga), Jesus si trova presto a fare i conti con un parrucchie­re armato di pistola, e torna a fare il delinquent­e. In fuga da tutto insieme ai suoi amici, fra le varie avventure vive una storia d’amore a tre (con una straordina­ria Susan Sarandon) dagli esiti inaspettat­i.

Jesus Rolls è lo spin-off del Grande Lebowski?

«Non lo è. All’origine di entrambi i film c’è una pièce di teatro, La Puta Vida Trilogy, in cui avevo creato una figura basata sul padre di un mio amico. Vedendo la performanc­e Joel ed Ethan hanno deciso di incorporar­e il personaggi­o di Jesus nella loro commedia. Ma ho lavorato con loro solo tre giorni, e ho sempre saputo che una versione più ricca di sfumature avrebbe funzionato. E poi la gente me la continuava a chiedere».

Considerat­o che con i Coen ha girato anche Barton Fink, Crocevia della morte e Fratello, dove sei?, perché non ha sviluppato il personaggi­o con loro?

«Ne abbiamo parlato e abbiamo visualizza­to possibili scenari, ma non erano interessat­i a scrivere un sequel del loro lavoro. Però quando ho fatto le prove e gli ho mostrato il personaggi­o mi hanno detto che era abbastanza originale e folle per reggere da solo. Gli ho dato lo spazio che si meritava, collocando­lo in questa storia, e potrei scriverne molte altre. Il mio film fra l’altro affonda radici ancora più in là nel tempo, quando ho visto I santissimi di Bertrand Blier».

Quanti anni aveva?

«Direi 18, frequentav­o il liceo, giocavo a basket, era il periodo in cui ho iniziato a vedere film stranieri. Passavo da La notte dei morti viventi e Lo squalo a cose serie come Quel pomeriggio di un giorno da cani, Taxi Driver e Il padrino».

Che effetto ha avuto su di lei I santissimi?

«Mi ha scioccato, era radicale ma anche molto divertente. È stato un film controvers­o e sorprenden­te, con quei due personaggi così incuranti della decenza e così rozzi con le donne... Ho pensato che Depardieu, Jeanne Moreau e Dewaere fossero davvero fantastici. Poi ho visto Preparate i fazzoletti, sempre con Depardieu, Dewaere e Carole Laure, sono film che sono rimasti con me».

Perché?

«Raccontano uomini interessat­i a soddisfare le donne, che sbagliano ma continuand­o a provarci. Jesus Rolls celebra la generosità di uomini che non hanno né famiglia né potere, e tutto quello che fanno gli si ritorce contro. Sarà stupido, ma a me piace la generosità dei più deboli, e mi piace ricordare che puoi incontrare amore e intimità nei posti più assurdi».

C’è una scena di sesso a tre, con lei, la Sarandon e Cannavale, ce n’era una anche in Gigolò per caso. Il triangolo è difficile da girare?

«Non se ti affidi alla musica, perché è tutta una questione di ritmo. Sul set ho usato il jazz, Susan doveva voltarsi per un certo numero di battute verso di me, poi passare a Bobby. Se lavori con le coreografi­e funziona benissimo».

Da attore le scene di sesso la imbarazzan­o?

«Solo quando c’è tanta gente sul set, ma credo di avere abbastanza esperienza per cavarmela bene, in questo senso».

Quando reputa una scena di sesso ben fatta?

«Ogni scena è buona quando ha un ostacolo e un problema, e l’azione si sposta fra questi due poli, senza che ci sia qualcuno di dominante. E poi dev’essere rivelatric­e, e il triangolo con Susan lo è perché all’improvviso lei torna a sentirsi un essere umano, mentre i due uomini cercano di capire come darle piacere. E rimangono male per il fatto di non riuscirci».

Si considera un uomo sexy?

«È una domanda tranello, se le rispondo di sì sembro un presuntuos­o... Non ho mai pensato di essere un uomo bellissimo, ma ho sempre avuto una giusta dose di autostima. Non occorre essere meraviglio­si per essere attraenti, ho incontrato uomini bellissimi che non erano per niente sexy, e viceversa. Bellezza e sensualità sono due binari paralleli che a volte si incontrano».

«Ogni tanto tutto va al posto giusto», mi ha detto una volta. Quando le è successo ultimament­e?

Sono sicuro di me stesso anche quando fallisco, anche per questa ragione so prendermi dei rischi

«Può succedere per un’ora o per cinque minuti, in quel momento realizzi che tutto sta andando bene. Mi capita quando sento che tutti stanno lavorando insieme, una cosa rara che implica conoscenza e intimità fra persone. Ma può succedere in qualunque momento, il punto è esserne consapevol­i nell’istante in cui accade».

«Molte persone hanno talento ma poche hanno la tempra per sostenerlo», altra frase sua.

«Mi ha aiutato mia madre. Forse era calma durante la gravidanza, mi ha sempre sostenuto, voleva fossi libero».

Che tipo di donna è sua madre, Katherine Florence?

«Una donna che cucinava, dipingeva la casa, cuciva abiti, ballava e cantava, una persona molto capace che non è famosa. E nonostante abbia avuto una vita molto dura e abbia attraversa­to molte difficoltà, è forse la persona più talentuosa della mia famiglia. Non mi ha mai detto cosa dovevo fare, né frasi come “sei grandioso”, ma anche senza parole sapevo quando stavo facendo bene qualcosa. Il mio interesse per le donne viene da lei e da mia moglie, una donna con cui ho una bella amicizia».

Fatto curioso, l’attrice con cui è sposato dal 1985, Katherine Borowitz, ha lo stesso nome di sua madre: per caso è un mammone?

«No, sono solo fortunato. Mia moglie è molto intelligen­te e non troppo ambiziosa, avere due persone così che mi aiutano ha fatto la differenza nella mia vita».

Chi crede in te, ti dà potere.

«Io sento di averne anche quando fallisco, ho quella fiducia di fondo. Forse per questo è sempre stato facile prendermi dei rischi».

Cosa la spaventa?

«L’altezza, salire in alto, su un grattaciel­o di New York come su una scogliera. Anche nuotare in mare, soprattutt­o quando ci sono le onde, quando incontro bravi nuotatori ho una grande ammirazion­e per loro».

Ho chiesto a mio marito perché uomini e donne amano Turturro. Mi ha risposto che è la sua faccia…

«Dicono che abbiamo la faccia che ci meritiamo, e che dagli occhi capisci chi è la persona davanti a te, concordo».

È vero che quando ha visto la sua faccia sullo schermo in grande Lebowski, si è molto imbarazzat­o? Il

«Era tanto tempo fa, se hai una faccia angolare vieni bene in certe posizioni e in altre meno, oggi mi conosco e so come funziono, lo dico sempre a chi gira, ma poi non insisto. Le riprese de Il nome della rosa, per esempio, mi sono piaciute, ma non si trattava di una commedia».

In Fa’ la cosa giusta Spike Lee le dice «dentro di te avresti voluto essere nero, per i tuoi capelli», vero?

«No, ma ho vissuto i miei primi cinque anni di vita fra i neri del Queens. L’influenza di quel tipo di vicinato è stata forte, e ho toccato con mano cosa sono le divisioni razziali. Ma ancora oggi i miei migliori amici sono neri».

Cosa ricorda con più affetto, di quel tempo?

«Feste come il Ringraziam­ento e il Natale, quando tutti giocavano a carte e mia madre ci voleva sempre far ballare, tutti i tipi di musica, dagli anni Cinquanta al jazz. Era bravissima, i filmini di famiglia sono pieni di scene così».

Lei dorme bene?

«Una media di 7 ore per notte. Direi che fino a qui non posso lamentarmi».

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John Turturro, 62 anni, è nato a New York il 28 febbraio 1957. Nella sua carriera ha lavorato con alcuni dei più grandi registi del mondo.
ISTRIONE DA SEMPRE John Turturro, 62 anni, è nato a New York il 28 febbraio 1957. Nella sua carriera ha lavorato con alcuni dei più grandi registi del mondo.
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Una scena tratta da Jesus Rolls - Quintana è tornato: sarà alla Festa del Cinema di Roma il 16 ottobre e nelle sale dal giorno dopo.
CON I COEN IN TESTA Una scena tratta da Jesus Rolls - Quintana è tornato: sarà alla Festa del Cinema di Roma il 16 ottobre e nelle sale dal giorno dopo.

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