LETTERE La Buonanotte di Luca Dini
Chissà se ha mai visto Oceania, caro direttore. È la storia di Vaiana, una coraggiosa bambina, figlia del capo di una piccola isola della Polinesia. Tutti la vorrebbero a guida del suo popolo ma lei non vuole altro che andare per mare, superare il reef e navigare, perché sente nel suo cuore che il suo posto è là in mezzo all’oceano e, nonostante sia una figlia amabile e rispettosa, proprio non riesce a compiacere la sua famiglia e la sua gente: lei deve andare.
Proprio quando Vaiana decide di partire, di nascosto da tutti, col cuore pieno di paura e di coraggio, passa nella sua capanna per prendere qualche provvista e trova sua madre. Ecco, in quel momento ci si aspetterebbe che l’altra la fermi, perché per una mamma è troppo doloroso il distacco di una figlia, e invece la madre si china e, senza dire una parola, tra le lacrime, la aiuta a raccogliere le provviste e la abbraccia, perché di più doloroso del distacco di una figlia c’è solo l’infelicità di una figlia. Io in quel momento del film, anche se ormai l’ho visto un milione di volte, mi commuovo sempre direttore, e piango molto, perché mi chiedo se sarò in grado di riconoscere il momento in cui la mia bambina sarà diventata adulta e se saprò lasciarla andare per permetterle di seguire i suoi sogni, anche se questo potrebbe portarla via da me.
Ripenserò alla mamma di Vaiana e a quel coraggio di anteporre la libertà di una figlia alla propria felicità. LARA
Si nasce figli, si diventa genitori, si torna figli con il ruolo di genitore. Io non ho avuto un padre, scherzando dico sempre che sono cresciuta in una famiglia omogenitoriale, tirata su da mamma e zia, due sorelle che vivono in simbiosi da quando la prima si è separata – io avevo nove anni e mio fratello tre. Ci sono sempre stati due regali, per la festa della mamma. Si sono prese cura di me, adesso mi prendo cura di loro, con tutte le difficoltà che comporta la gestione di due anziane da 400 km di distanza.
Giorni fa mia zia è caduta, si è rotta il femore. Era già malandata: per il recupero, se ci sarà, servirà molto tempo. Mia mamma è da sola, in casa. Io le telefono. Hai dormito bene? Hai mangiato? Copriti che ho sentito che deve piovere. Lo hai fatto il cambio di stagione negli armadi, che la settimana scorsa avevi solo magliette leggere? Le raccomandazioni che un tempo facevo ai miei figli, ormai abbastanza scafati da fregarsene, le faccio a mia mamma.
Ieri mi ha telefonato. «Devo lavare un cardigan, non ho voglia di farlo a mano. Come si usa la lavatrice a bassa temperatura?». Ecco, ho messo in pausa il pc del lavoro, mi sono chiusa in bagno e ho pianto. ALESSANDRA
WellChild è un’associazione britannica che assiste i bambini gravemente malati e il principe Harry, che ne è padrino, martedì 15 ottobre ha presenziato come ogni anno alla cerimonia di premiazione dei piccoli pazienti che con il loro coraggio hanno ispirato e aiutato altri come loro, ma anche di personale medico e paramedico di valore eccezionale, e di volontari, amici e familiari che hanno saputo portare conforto e sorrisi. Questa volta però, a differenza degli altri anni, Harry si è visibilmente commosso. «Essere qui e parlarvi da genitore», ha detto, «mi stringe il cuore in un modo che non avrei mai potuto capire prima di avere un figlio mio».
Sono partito da questo spunto per chiedervi, nel mio post, se anche a voi è capitato di ritrovarvi cambiati dopo esservi dedicati a qualcuno che è vulnerabile, che dipende da voi. Non necessariamente un figlio: non credo che la genitorialità sia la sola (o necessariamente la migliore) realizzazione di quell’istinto naturale che è il prendersi cura. Può essere una madre anziana, come racconta Alessandra. O un malato, o più genericamente il prossimo, o un animale domestico. Accudire un altro da sé cambia la vita all’altro, ma anche a sé.
Da quando sono padre, vi ho raccontato per esempio, trovo in ogni cartoon una scena che mi fa piangere: Andy che dice addio a Woody, Piedino che saluta per sempre la sua mamma, Marlin che abbandona Dory, Bing Bong (l’amico immaginario di Riley) che svanisce, Stitch che dice «Ohana significa famiglia», Sulley che rientra nella camera di Boo, EVE che con un ultimo bacio risveglia WALL·E, e la bisnonna Coco che riconosce la canzone del suo papà.
Avevo dimenticato Vaiana e sua madre, che è un po’ come era la mia. Grazie per avermela ricordata, Lara. E per avermi fatto piangere. Buonanotte.
BUONANOTTE. PAROLE PER RIMBOCCARE LE LENZUOLA — di LUCA DINI *