Vanity Fair (Italy)

ANGELA FINOCCHIAR­O

Bisogna saper ridere

- di FEDERICO ROCCA foto GIOVANNI DE SANDRE

Diciamolo, è un’attrice che non ha bisogno di presentazi­oni.

«E invece sì, meglio non dare niente per scontato. Penso sempre che, se piaccio a qualcuno, è perché o ha bevuto, o gliel’ho data a bere».

Qual è, allora, il modo migliore per presentarl­a?

«Lasciando perdere l’intervista».

Non le ama, lo so.

«Sono noiose, le mie. Ci sono molte persone con un sacco di cose interessan­ti da dire, lascerei spazio a loro».

C’è spazio per tutti. Da bambino vidi i suoi primi film, Ratataplan e Ho fatto splash, e mi sembrò un essere mitologico metà donna e metà cartone animato.

«Bellissimo! Mi fa piacere, se vuol dire avere tempi comici perfetti, come i cartoon. Magari avessi quella leggerezza...».

Non ce l’ha?

«L’ho un po’ persa, lentamente. Capita. Bisogna avere disciplina nel mantenerla; io lo faccio col mio lavoro».

Però l’amore con un cartone l’ha fatto, in Volere volare.

«Sì, è bello: praticamen­te sei solo! Che, poi, è una cosa che fanno quelli che non si relazionan­o mai davvero col partner».

È a teatro con Ho perso il filo: uno spettacolo comico?

«Umoristico».

Ma che spinge alla riflession­e.

«Se qualcuno vuole farlo, ma lungi da me lanciare messaggi. È nata come stand up, nella quale sperimenta­re argomenti e linguaggi; poi è subentrata l’esigenza di riportare queste

divagazion­i all’interno di un contesto preciso, quello del mito di Teseo. Lo spettacolo è denso, ma fluisce con levità».

Solidariet­à ed egoismo sono temi importanti della pièce.

«Sì, è un viaggio nelle mediocrità della società di oggi».

Una società sempre meno incline all’accoglienz­a.

«È solo colpa dei politici? Potremmo anche pensare di avere ciò che meritiamo. Ma confido nelle nuove generazion­i».

Meritano fiducia?

«I giovani sono pronti a superare la vecchia questione destra/ sinistra. Guardi come stanno affrontand­o il tema ambientale: pensano al benessere delle persone, superando le ideologie».

Ha due figli ventenni.

«La mia generazion­e si è trovata in mezzo a determinat­i movimenti, è quasi inciampata in questioni come il femminismo. La loro, invece, no».

Ha mai perso il filo, nella sua vita?

«Non so neppure se l’ho mai trovato».

Lo sta cercando, almeno?

«Credo si debbano tenere sempre aperti i lavori in corso. Mai farsi cristalliz­zare dalla routine: ben venga la perdita del filo».

Tanto cinema e tv, nel suo curriculum. Ma si può dire che il teatro sia il suo spazio privilegia­to?

«Si può dire, ma anche che comincia a essere uno spazio faticoso. Stare in tournée è dura. Il cinema, fatto con un regista che sta dalla tua parte, è divertente come le montagne russe».

Ecco, perché non ha più fatto film con Maurizio Nichetti?

«Puro caso. Sa che stiamo provando a scriverne uno nuovo? Ma siamo ancora indietro, eh...».

IN SCENA

Un momento di Ho perso il filo, in tournée in tutta Italia. Al Teatro Manzoni di Milano dal 21 novembre.

Viene spesso definita stralunata e surreale.

«Stralunata sta per rincoglion­ita, surreale per non credibile».

Ci si riconosce?

«Io mi sento una palla al piede, molto concreta».

Concreta o pesante?

«Eh, a casa forse un po’ pesante. Alla fine è vero: chi, per lavoro, fa ridere, ha sempre un lato depressocc­hio».

Che cosa la fa ridere?

«L’umorismo un po’ cinico di Walter Fontana, autore di Ho perso il filo. Siamo dalle parti di Woody Allen».

Fa un sacco di cose. Teme la noia?

«Non mi annoio mai. Ma la ripetizion­e mi ammorba».

Per esempio?

«I miei figli mi hanno vista al cinema e hanno detto: “Mamma, fai sempre la stessa cosa!”. Purtroppo capita, forse per pigrizia, o perché si perde la voglia di mettersi in discussion­e».

La critica l’ha sempre apprezzata. Ricorda una recensione cattiva che l’ha fatta stare male?

«No, perché non me le riportano. Ormai io non le leggo più».

I suoi finti spot nella Tv delle ragazze erano esilaranti.

«Divertiva anche me farli».

Oggi quale pubblicità meriterebb­e la parodia?

«Non guardo la tv, non ho tempo».

Un’affermazio­ne da milanese doc.

«Ma papà era siciliano».

Mai sperimenta­ta la diffidenza nei confronti degli immigrati?

«Mai».

Però da Milano se ne è andata.

«Per vivere in campagna, in Toscana. Ma l’ho sempre amata questa città, i miei figli adesso vivono qui».

Ha 64 anni. E continua a sembrare, mi consenta, un mezzo cartone animato. Se li sente?

«Gli acciacchi me li fanno sentire. Alle volte i ballerini dello spettacolo mi chiedono: “Posso sollevarti?”. E io: “Perché, ho fatto crac?”. Sicurament­e, è come se stessi facendo un conto alla rovescia».

Parla della morte?

«Vorrei lasciare una traccia luminosa ai miei figli, un’eredità piacevole. La morte non mi fa paura, ma il suo pensiero mi scoccia, mi secca, non lo riesco proprio a digerire».

Un aspetto positivo della sua età?

«Si impara a governare meglio le proprie bestie interiori».

Qual è la più feroce?

«L’ansia: quando torno a casa la sera penso di essere una sopravviss­uta».

Ha provato la psicoterap­ia?

«No, ho fatto teatro».

Nel 2011 è stata una delle protagonis­te di Se non ora quando, al motto di «Quest’Italia non è un Paese per donne».

«La società, lentamente, sta cambiando. Ma c’è ancora molto da fare: pensi alla disparità salariale di genere. Non bisogna mollare, dobbiamo pensare alle nostre bambine».

Com’è sua figlia?

«Già incazzata, a tratti è una femminista un po’ rompipalle. Sono curiosa di vedere come queste ragazze useranno il lavoro già fatto dalle loro mamme: saranno accanite e capiranno che devono combattere ancora, o invece saranno pigre?».

Che cos’è la parità?

«Una cosa che succede anche nel momento in cui si fa l’amore. La donna e l’uomo devono stare bene entrambi: la felicità è un diritto anche nell’intimità, a letto».

In una sua discussa gag in tv, l’anno scorso, diceva: «Gli uomini sono pezzi di merda». Lo pensa davvero, almeno un po’?

«Ogni tanto chiunque può esserlo. Anche le donne».

Il politicall­y correct a tutti i costi ha gambizzato l’ironia?

«Amo la comicità cattiva, ci trovo più etica. Serve coraggio per tirare fuori le nostre parti più becere. Il livello di umorismo di una nazione la dice lunga sul suo stato di salute».

Sincera: si è annoiata molto?

«Io no. Lei, piuttosto?».

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Angela Finocchiar­o, 64 anni, attrice di teatro, cinema e tv. Recita dagli anni Settanta, ha vinto due David di Donatello e un Nastro d’argento per e
La bestia nel cuore Mio fratello è figlio unico.
UNA CARRIERA LUNGA 50 ANNI Angela Finocchiar­o, 64 anni, attrice di teatro, cinema e tv. Recita dagli anni Settanta, ha vinto due David di Donatello e un Nastro d’argento per e La bestia nel cuore Mio fratello è figlio unico.
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