Divini colli
In Valdobbiadene, la dedizione e l’amore per la qualità hanno reso possibile l’impossibile: estrarre il meglio da una terra dura e faticosa, ma dal microclima perfetto. Grazie all’energia umana di produttori che sposano tradizione e innovazione, qui nasce il vino-spumante italiano più esportato del mondo: il Prosecco
Da qualche mese, le colline del Prosecco sono Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Il motivo è chiaro. Siamo in Veneto, provincia di Treviso, in quell’anfiteatro di biodiversità che si estende nei territori attorno alla Valdobbiadene. Qui la dedizione e l’amore per la qualità hanno reso possibile l’impossibile: estrarre il meglio da una terra mossa, dura e faticosa, ma dal microclima perfetto per la crescita della vite e per la produzione delle bollicine più italiane del mondo. Sulle colline del Prosecco il lavoro non può essere meccanizzato, perché i pendii sono troppo ripidi. Le colline di Valdobbiadene sono dunque intrise di energia umana, necessaria per la cosiddetta «viticoltura eroica», tra impegno fisico ed esercizi di equilibrismo: ogni ettaro di vigna richiede 800 ore di impegno. In queste terre tutto ha il profumo di una cultura enoica, che ha disegnato il paesaggio e l’anima dei suoi abitanti. Uomini e donne che, immersi in 7.500 ettari di vigneti e 11mila di boschi, hanno dato vita al Prosecco, uno dei vini italiani più conosciuti al mondo: in Australia gli hanno perfino intitolato una strada,
la King Valley Prosecco Road.
La sua nascita si deve a Federico Martinotti, direttore dell’Istituto enologico di Asti, che nel 1895 inventò il metodo che porta il suo nome: attraverso la rifermentazione in recipienti a tenuta stagna (autoclavi), si ottengono vini frizzanti, dalle note fruttate, pronti per essere