La settimana in 5 minuti
Boris Johnson ha vinto alla grande le elezioni politiche del 12 dicembre: 43,6% dei voti, 365 seggi su 650, cioè la maggioranza assoluta. La carriera politica del suo avversario, Jeremy Corbyn, capo dei laburisti, può considerarsi finita: ha riscosso il 32,1% dei consensi per soli 202 seggi, una débâcle storica. Grande vittoria invece anche per
Nicola Sturgeon, la capitana degli scozzesi: su 59 seggi disponibili, ne ha conquistati 48. La conseguenza del trionfo conservatore è che non ci sono più dubbi intorno alla Brexit. Dopo tre anni e mezzo di tormenti, gli inglesi usciranno il 31 gennaio, secondo quanto stabilito nell’ultimo accordo con la Ue. Resteranno poi associati all’Unione fino al 31 dicembre, con pieno accesso al mercato unico ma senza poter partecipare al processo decisionale comunitario. In questo periodo, Londra e Bruxelles discuteranno le modalità del futuro partenariato e, se non avranno raggiunto un accordo per la fine del 2020, potranno prolungare il periodo di transizione per soli sei mesi, fino al 1° luglio 2021.
È possibile che l’uscita della Gran Bretagna sia il primo smottamento di
un’unione che potrebbe in pochi anni anche cessare di esistere. O, forse, sarà lo stimolo per riformare il sistema, renderlo più comprensibile ai popoli, soprattutto sfilarlo dalle mani di Berlino, dominus finora pressoché incontrastato dell’area. Gli inglesi dicono: «Come si può pensare che, avendo battuto i tedeschi nella Seconda guerra mondiale, potessimo accettare di prender ordini, adesso, dalla Germania?».
SCOZIA
C’è però ancora un problema Scozia. Al tempo del referendum del 2016, il «Remain» prese in Scozia più del 60% dei voti. Due anni prima, in un altro referendum, gli scozzesi avevano respinto l’idea di separarsi dalla Gran Bretagna proprio perché, altrimenti, sarebbero stati espulsi anche dall’Unione europea. La vittoria di Johnson e l’ormai inevitabile divorzio inglese da Bruxelles rende prossimo, perciò, un contrasto duro con Edimburgo: la Sturgeon ha già detto che chiederà un secondo referendum per rendere la Scozia, dopo tre secoli, indipendente da Londra e membro della Ue. Johnson ha già risposto che non se ne parla. È possibile, se non addirittura probabile, che la Scozia diventi per la Gran Bretagna quello che la Catalogna è per la Spagna.
SARDINE
Successo per le sardine a Roma, che sabato 14 dicembre hanno riempito la piazza San Giovanni. Si cominciano anche a vedere i primi segni di un’uscita dalla fase pre-politica che ha caratterizzato il movimento fino a ora. Si sono manifestati 150 portavoce – e tra questi c’è anche Sabina Guzzanti – che si sono riuniti nel centro sociale occupato Spintime, quello diventato famoso quando un cardinale inviato da papa Francesco si preoccupò di riattaccargli la luce. Sono usciti fuori, insieme con una sempre più chiara inclinazione a sinistra, i cinque punti di un programma: pretendere che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a fare politica, invece che stare in campagna elettorale permanente; che i ministri comunichino solo su canali istituzionali; che la violenza venga esclusa dai toni e dai contenuti della politica; che ci sia trasparenza nell’uso che la politica fa dei social; che i decreti sicurezza di Salvini siano aboliti. L’uomo-sardina che sta affollando le trasmissioni tv con
Francesco Salvi
la sua presenza, cioè Mattia Santori, ha detto che vorrebbe raggiungere il 25% dei consensi. Alla domanda, fattagli dal giornalista Fabrizio Roncone, «lei prevede di candidarsi?» ha risposto «Mai dire mai».
La protesta delle sardine ha ottenuto un primo risultato politico: Matteo Salvini non parla più di elezioni anticipate, ha lanciato invece la proposta di un accordo tra tutte le forze politiche «per salvare il Paese». I maligni pensano che sia una mossa concordata con Renzi con la quale i due Mattei tentano di rientrare in gioco.
DA NON DIMENTICARE
• Con uno stanziamento di 900 milioni, il governo salverà la Banca Popolare di Bari, in bancarotta per le solite ragioni: finanziamenti a pioggia per gli amici degli amici privi di garanzie, aggiustamenti dei bilanci, raggiro dei clienti costretti, per ottenere prestiti, a comprare azioni della banca (le cosiddette «obbligazioni subordinate»). Lo scandalo ha fatto risorgere la Commissione parlamentare sulle banche.
• Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo commerciale di principio sulla faccenda dei dazi: nel 2020 la Cina acquisterà beni agricoli americani per 50 miliardi di dollari, il doppio dell’import dagli Stati Uniti del 2017. In cambio gli americani abbasseranno i dazi già esistenti su beni cinesi dal 25 al 7,5 per cento. Trump, che ha annunciato l’intesa con un tweet, ha anche congelato i dazi su beni cinesi del valore di 160 miliardi di dollari che sarebbero dovuti scattare il 15 dicembre.
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«Ok il voto a 16 anni, ma solo la prima volta»