Vanity Fair (Italy)

TUTTO È INIZIATO CON LA «PRIMAVERA ARABA»

- simona verrazzo

«La Primavera araba si è rivelata, nel complesso, un fallimento». È questo il giudizio del professor Massimo Campanini, tra i più grandi esperti di Islam in Italia e autore di La politica nell’Islam (Il Mulino, 2019), nei giorni in cui si ricorda l’inizio delle rivolte tra Nord Africa e vicino Oriente. Il 17 dicembre 2010, in Tunisia, un venditore ambulante, Mohamed Bouazizi, si è dato fuoco per protesta contro il presidente Ben Ali e la mancanza di una speranza per il futuro. Le manifestaz­ioni scaturite dal suo gesto portano alla fine di leadership decennali nel suo Paese e in Egitto (Hosni Mubarak), Libia (Muhammar

Gheddafi) e Yemen (Ali Abdullah Saleh). «La disgregazi­one di Siria, Libia e Yemen», prosegue Campanini, «dimostra che i moti popolari si sono rivelati incapaci di trasformar­si in autentica direzione politica, soprattutt­o a causa della gracilità della società civile». La Siria è il simbolo delle ripercussi­oni che la Primavera araba ha avuto nel mondo: la Russia di Putin alleata del presidente siriano Assad, Europa e Usa all’angolo. L’instabilit­à ha favorito l’ascesa, nel 2014 tra Siria e Iraq, dello Stato Islamico (Isis), poi sconfitto nel 2018. Conseguenz­a della Primavera araba e dell’Isis sono milioni di profughi, molti fuggiti in

Europa: l’ondata raggiunge il culmine nell’estate 2015, ma non si è mai arrestata, complice il ruolo ambiguo della Turchia di Recep Tayyip Erdogan. «Restano scenari aperti: le recenti deposizion­i in Algeria e Sudan; le nuove proteste in Libano; l’Egitto del generale-presidente Abdel Fattah al-Sisi, al quale si chiede la verità sull’omicidio di Giulio Regeni; o l’Arabia Saudita, dove ora le donne possono votare, essere elette e guidare, ma restano ombre sull’erede al trono, il principe Mohammad bin Salman, per la morte del giornalist­a dissidente Jamal Khashoggi».

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