TOCCO DA OSCAR
«Sì, è vero. Sono contento, anzi molto contento. Ho fatto cose che non mi sarei aspettato di fare, l’altro giorno mi sono rivisto La grande bellezza e mi sono detto: “Ma guarda un po’ in che stato di grazia eri”. Dal mio punto di vista ovviamente, ci sarà tanta gente che dirà “Ma sei impazzito, il film faceva schifo”. Ma per me di questo si trattava, di uno stato di grazia».
La toccano le critiche negative?
«Mi appassionano. Mette tenerezza l’impegno di certe persone nel cercare di demolirti. Qualche volta dicono cose sensate. Più spesso, però, hanno visto molti film ma purtroppo non conoscono il cinema. E anche molto poco la vita. Ma non ho mai fatto polemiche con nessuno: un’altra nefasta abitudine dei nostri tempi, la polemica, proprio come l’opinione a tutti a costi».
Non le piace la polemica?
«Ma che importanza ha? Perché esistono certe persone che pensano che sia necessario dire cosa pensano di un’altra persona? Ma a me, cosa importa cosa pensi tu di Caio senza che io te l’abbia chiesto? C’è chi si sveglia in mattina, passa in «Ho capito una cosa che capiscono tutti quelli che crescono: diventando più vecchio cominci a non interessarti a cose che quando eri giovane reputavi importanti e invece non lo erano. È molto bello scrollarsi di dosso una serie di ansie. È un vantaggio dell’età, forse l’unico».
Qualcuno, ora che è diventato adulto, le chiede consigli?
«A me nessuno chiede mai consigli. Spesso però me ne danno di non richiesti».
Si è arreso all’idea che non tutto può essere spiegato?
«Penso che la grande fortuna che mi regala il mio lavoro è che non possa essere spiegato quasi nulla. Un regista non deve spiegare, non deve giudicare, non deve salire in cattedra. Deve solo raccontare. E mi creda non è bello: è bellissimo». ➺ Tempo di lettura: