EDITORIALE
19 dicembre 2018. Prendo un aereo con Malcom Pagani, il vicedirettore di Vanity Fair. Stiamo andando a Parigi per fotografare e intervistare Gigi Buffon. Quella con il portiere della Juventus, ai tempi in forza al Paris Saint-Germain, sarà la mia prima copertina per Vanity. Nella capitale francese piove, il cielo è grigio e il taxi che ci accompagna attraversa il Pont de Bir-Hakeim.
«È il ponte di Ultimo tango a Parigi, te lo ricordi?», mi dice Malcom.
Certo che lo ricordo. Sotto le sue volte, Marlon Brando rincorre Maria Schneider in una scena indimenticabile.
«Sono ancora io», attacca Brando afferrandola per una spalla.
«È finita», risponde lei.
«Sì è finita. Ma poi inizia di nuovo», ribatte lui.
Un professore del liceo mi insegnò un rito che da quel momento ripeto ogni anno. Il 31 dicembre, prima del caos dei festeggiamenti e delle cene che non finiscono mai, cerco di rimanere solo per un’ora. Prendo un foglio, penso all’anno passato, alle cose andate bene e a quelle che hanno funzionato meno. Alle emozioni belle e a quelle più difficili. Agli insegnamenti e agli sbagli. Alle persone importanti e a quelle che è meglio lasciare andare.
Poi prendo una penna e scrivo dieci propositi per i dodici mesi a venire. Di questi dieci ne scelgo 5. I più realistici, quelli che si devono fare, quelli che l’anno vecchio chiede di mettere in pratica.
Poi prendo il foglio e lo attacco, con un nastro adesivo, nel punto della casa in cui passo tutti i giorni, prima di uscire di casa. Nel mio caso, il guardaroba dei vestiti.
Ogni mattina dell’anno guardo quel foglio. E quando arriva la fine di dicembre, mi sembra di sentire il dialogo di Ultimo tango.
Sono ancora io.
È finita.
Sì, è finita. Ma poi inizia di nuovo.
Vi auguro di iniziare di nuovo. Un’altra volta. E un’altra volta ancora. E soprattutto di mettere nero su bianco quello che vi può rendere migliori. E più felici.
Buona lettura.
PS: continuate a scrivermi pensieri, consigli e riflessioni a smarchetti@condenast.it