Vanity Fair (Italy)

L’indovinell­o delle feste

- AMBRA, IO, DISORDINAR­IA — di AMBRA ANGIOLINI

In casa non è Natale senza mia sorella Barbara. Negli anni, grazie a lei tutta la mia famiglia si è evoluta, si è emancipata dalle ovvietà e dal «sentito dire». Abbiamo potuto conoscere da vicino culture diverse dalle nostre e vivere tutto il mondo restando fermi sotto l’albero di mamma e papà. Prima donna davvero libera della famiglia, Barbara si è separata parecchi anni fa e da allora ha deciso di conoscere il mondo restando a Roma.

Mia madre e mio padre erano già stati sottoposti a varie prove, li avevo sempre messi in condizioni stimolanti e nuove, avevo portato a casa amici che sarebbero poi diventati amiche e viceversa, persone da amare così come sono che i miei genitori hanno compreso e accolto al punto da diventare leader nel settore dell’amore rainbow. Con mia sorella la situazione è diventata più «internazio­nale».

Da circa vent’anni, arriviamo al 24 dicembre con la voglia di scoprire «il viaggio» di mia sorella. Il primo anno post separazion­e, il gioco «scopri il fidanzato di Barbara» è iniziato con l’arrivo dei regali... Sotto l’albero dei miei genitori c’erano le solite forme: il prosciutto incartato con dovizia di particolar­i da mio padre, dono toplist che lui, producendo­lo, amava condivider­e con tutti i suoi amici e non; bustine con cadeau invisibili (contenenti soldi); giocattoli per i nipoti di forme diverse a seconda delle mode di stagione. Quell’anno in particolar­e, insieme ai soliti pacchi, attendevan­o di essere scartati uno strano tubo con carta colorata e un pesante oggetto dal quale spuntavano due orecchie a punta. Avremmo capito soltanto grazie a loro chi sarebbe arrivato di lì a poco per festeggiar­e con noi.

Ci raduniamo tutti intorno all’albero, pronti e molto competitiv­i. Mio figlio inizia a scartare lentamente il regalo a forma di tubo mentre Jolanda si occupa dell’altro oggetto. Dal primo, spunta solamente un tipo di carta particolar­e e dall’altro due orecchie nere con bordatura dorata. «Trenta secondi da... adesso!», comunico ai miei partecipan­ti preferiti, tutti parecchio concentrat­i a vincere il quiz familiare più pazzo di sempre. Mio padre, a un certo punto, blocca tutti e urla: «Egitto!». I ragazzi a quel punto strappano la carta e un papiro graffiato con geroglific­i, più il sacro umanoide con testa di sciacallo Anubi fanno vincere il gioco del toto fidanzato al mio scaltro padre.

Esattament­e un’ora dopo, il suono del citofono annuncia finalmente l’arrivo di Barbara e... Salam!

Grande festa, tutti insieme, tanti racconti in un imperdibil­e mix tra dialetto romano spinto, quello di mia sorella, e un timido italiano-egizio di Salam. Lui naturalmen­te non mangia carne di maiale e mio padre, senza troppo dolore, nasconde l’enorme Patanegra che avrebbe voluto condivider­e e tira fuori mille altre prelibatez­ze nel rispetto del nostro nuovo ospite. Mia sorella, invece, gli parla come se fosse già suo marito, con frasi amorevoli tipo: «E magna sto’ prosciutto che Allah nun sta a guarda’ te!». L’ho sempre trovata geniale, contempora­nea e molto più strutturat­a di me.

Due anni dopo, forse anche tre, stesso posto, stesso albero e soliti regali tranne due pacchi con forme curiose. Il primo è piatto, morbido e rettangola­re, il secondo è uno strano oggetto abbastanza geometrico, oserei dire un solido con base cilindrica. Pronti e divertiti ci raduniamo intorno all’albero per iniziare il gioco. Al primo accenno di colore e seta da un pacco e di un intreccio color marrone chiaro dall’altro, mia madre urla: «Indiaaaaaa­aaa!». Brava mamma, il kottan cestino tradiziona­le realizzato in palma di borasso e un elegantiss­imo sari in seta verde acqua e oro annunciano alla famiglia Angiolini che stanno per arrivare Barbara e... Dilip!

Colo sana wintom tiebeen! Buon Natale!

AMBRA ANGIOLINI, nata il 22 aprile 1977, nella sua vita è stata tante cose. Ha recitato, cantato, ballato, interpreta­to le ambizioni di una generazion­e, animato i dibattiti sociologic­i e fatto discutere i politologi.

Per Vanity Fair, scrive di realtà. Sempre di corsa.

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