Basta storie a lieto fine
Dopo il successo del «Giorno più bello del mondo», nel 2020 Alessandro Siani tornerà con un nuovo film «incantato». Ma non ce ne sarà un altro. Perché, dice, il lieto fine non esiste. O almeno così si vocifera da Gianni il barbiere...
Un’ora di chiacchierata e neppure una parola in dialetto napoletano. Vestito con ricercatezza, composto nei suoi 44 anni, Alessandro Siani cederà pochissimo alla tentazione d’innescare quel rap di battute che l’hanno reso campione d’incassi al cinema e in teatro, trasformandolo allo stesso tempo in un personaggio inaccessibile nel suo sentire più profondo.
Dopo il successo del Giorno più bello del mondo (tre milioni al botteghino nella prima settimana di programmazione, oltre sei al momento in cui scriviamo) debutta ora in tv con uno spettacolo tutto suo, Stasera felicità: one man show in onda su Sky e Now Tv la vigilia di Natale e che proseguirà per tutto febbraio nei teatri d’Italia. «Un giorno arriva la bolletta, un giorno manca il lavoro, un altro c’è mamma in ospedale. Il messaggio è questo: fermiamoci un secondo e ascoltiamola un po’, questa felicità». Sono gli ultimi battiti di quel piglio sognatore che l’ha accompagnato fin qui: ora, dopo vent’anni di carriera, sembra aver voglia d’altro.
Quand’è stata la prima volta che è stato felice?
«A 14 anni, risalendo la collina di Posillipo con un motorino truccato, assemblato con cento parti diverse. Portavo una ragazzina che, per stare in equilibrio, si stringeva a me, in un pomeriggio di marzo lungo viale Petrarca. La felicità spesso è egoistica: si pensa a se stessi, e non ci si chiede come stia l’altra persona».
Ai tempi viveva nei Quartieri Spagnoli?
«Ho vissuto lì fino agli 11 anni, poi ci siamo trasferiti a Fuorigrotta dove abito ancora oggi. Papà faceva il metalmeccanico all’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco e ricordo le sue paure legate alle prime meccanizzazioni, e il mio timore che potesse perdere il lavoro. Lui mi tranquillizzava scherzando: Alessandro, stiamo messi così male che pure i robot si iscriveranno ai sindacati e sciopereranno con noi».
Quando non rimugina battute, il suo cervello a cosa pensa?
«Ho molto tempo libero e semplicemente cerco di vivere, viaggiare, entrare in un posto e prendermi il tempo per sentire le persone e capire cosa vivono. È per questo motivo che sono rimasto a Napoli: questa città, come attore, mi regala la sopravvivenza».
Tutti i grandi però se ne sono andati, a Roma oppure a Milano.
«Anche Pino Daniele aveva scelto di vivere nella capitale. Ricordo che una volta, già aggredito da una grave cecità, mi chiese di portarlo in giro per Napoli per poterla “rivedere” attraverso ai miei occhi. Lo portai in pasticceria a prendere i biscotti all’amarena, di cui andava matto. E poi alla pizzeria Michele in via Martucci. Stavamo anche lavorando all’idea di uno spettacolo televisivo da fare assieme: ma poi è accaduto quel che è accaduto e Pino è andato via, lasciandomi un dolore immenso».
Nello, il fratello di Pino Daniele, sta per essere sfrattato dalla sua casa nei Quartieri Spagnoli: Napoli sta cambiando.
«Tutto lo spettacolo d’umanità che ho visto con i miei occhi non c’è più: ci sono soltanto localini e bed & breakfast. L’altro giorno, sono andato a trovare mia zia e mi ha fatto pagare la colazione: mi sono ritrovato a bere il caffè in cucina insieme a un turista tedesco. Persino le statuette del Presepe in via San Gregorio Armeno non le compra più nessuno: avanti di questo passo, chiederanno il reddito di cittadinanza pure loro».
Verdone va a «sentire il popolo» nella farmacia sotto casa. Lei dove va?
«Passo le ore da Gianni, il barbiere di Fuorigrotta che frequento da trent’anni. È il mio social network personale. Mi siedo e lascio passare avanti tutti quanti, per poter sentire le conversazioni: è il mio punto di riferimento sulla società, sullo stato delle cose».
Artisticamente avrebbe voglia di incidere di più?
«A Natale 2020 uscirò con un altro film per così dire “incantato”, ma sarà l’ultimo. Ho voglia di raccontare storie più ancorate alla realtà, non edulcorate dal lieto fine a tutti i costi, un po’ nello stile di Ti lascio perché ti amo troppo, la mia pellicola di debutto. Il “vissero tutti felici e contenti” si trova solo nelle favole. E io, di favole, ne ho già raccontate abbastanza».
Nel 2020 si vota in Campania e, nei sondaggi, la Lega di Salvini risulta al primo posto. Da Gianni il barbiere che spiegazione ha trovato?
«Da Gianni di politica si parla poco, perché è vissuta da tutti come una cosa lontana. Di certo, una generazione intera che si aspettava di arrivare ai quarant’anni e poter stare finalmente un po’ tranquilla si ritrova a dover ricominciare da capo, e questo genera confusione. Le energie diminuiscono e c’è il peso della delusione per le tante battaglie combattute. Per un campano, scegliere Salvini non rappresenta un voto di protesta. È un vero e proprio voto di dolore».