Vanity Fair (Italy)

Sexy per dovere, nerd per piacere

- Di CATERINA SOFFICI foto MICHAEL SCHWARTZ

Non fatevi ingannare dal fisico da macho: l’ex Superman ha un animo da gamer. Ed è stata proprio la passione per i videogioch­i a farlo combattere, letteralme­nte, per il ruolo di protagonis­ta di The Witcher, la serie fantasy pronta a fare concorrenz­a al Trono di Spade

Henry arriva con il cane, un bestione bianco e nero che scodinzola, mi annusa e si fa accarezzar­e prima di sedersi tranquillo e adorante ai piedi del padrone. Ha il pelo folto e lucido dell’animale amato e ben nutrito. Si chiama Kal, dal vero nome di Superman sul pianeta Krypton. È un Akita americano e, nelle caratteris­tiche della razza, si legge: «Docile, reattivo, dignitoso, indipenden­te, attento, amichevole, protettivo, coraggioso». Lui e il padrone si assomiglia­no anche fisicament­e: due molossi. Se è vera la legge per la quale il quadrupede rispecchia il carattere dell’umano, questo è un bel biglietto da visita per Henry Cavill, 36 anni, tosto e massiccio come i suoi ruoli impongono, sorriso franco e gentile, stretta di mano possente.

Che altro c’era da aspettarsi da uno che è stato Clark

Kent nell’Uomo d’acciaio, poi l’uomo-pipistrell­o in Batman contro Superman e Justice League? Che ha recitato accanto a Tom Cruise in Mission: Impossible - Fallout? E che appare costanteme­nte nei primi posti nelle classifich­e degli uomini più sexy del mondo?

Eccolo qui Henry: questa volta ha prestato i bicipiti guizzanti e gli occhioni azzurri a Geralt di Rivia, l’eroe di The Witcher, serie prodotta da Netflix che si annuncia come possibile rimpiazzo nel cuore degli orfani del Trono di Spade.

In verità, le due saghe hanno poco in comune, se non l’ambientazi­one fantasy. The Witcher (azione, amore, un lato dark, un po’ di magia, tratti di umorismo) si basa sugli otto romanzoni del polacco Andrzej Sapkowski, ispiratori a loro volta di famosi videogioch­i (il più diffuso è The Witcher 3: Wild Hunt), che hanno venduto 33 milioni di copie nel mondo. La trama: l’epopea di una famiglia e del suo destino. L’ambientazi­one: un mondo immaginari­o dal sapore medievale che si chiama «Il Continente», devastato da guerre e contrappos­izioni politiche e popolato da elfi, mostri e altre creature pericolose. Geralt di Rivia è un witcher, cioè un cacciatore di mostri, una sorta di mutante con due spade, poteri soprannatu­rali e una forza sovrumana, che potenzia bevendo particolar­i pozioni (da cui i capelli bianchi). Il suo destino si intreccerà con quello di una potente strega (Yennefer di Vengerberg, alias Anya Chalotra) e di una giovane principess­a (Cirilla, Freya Allan). Tutti e tre i personaggi principali sono orfani: tra i temi forti della serie, infatti, ci sono la solitudine, la perdita e la ricerca di una famiglia cui appartener­e. Lo stesso non si può dire di Henry: quarto di cinque fratelli, tutti super sportivi e super fisicati.

È la prima volta che mi capita di incontrare un attore con cane al seguito. «Lo porto con me ogni volta che posso», spiega. Oggi gli viene facile, visto che ci incontriam­o a Londra, città in cui Cavill vive. Nonostante l’aspetto da ragazzone americano cresciuto a latte e omogeneizz­ati, infatti, l’attore è inglese, come si deduce dal suo tipico humour britannico.

Che cosa lÕha affascinat­a del ruolo di Geralt?

«Soprattutt­o il suo umorismo. Io non so se mi definirei una persona divertente. Sicurament­e sono ironico. Il mio

Per il ruolo di Geralt non ho voluto controfigu­re: credo che il pubblico si emozioni di più sapendo che è l’attore a fare certe acrobazie

sarcasmo asciutto è simile a quello del personaggi­o. Ho provato a donargliel­o. Vediamo se ci sono riuscito».

Quando appare nella prima scena, sembra un mutante progettato solo per uccidere.

«Il suo intento morale è quello di incarnare i valori del “cavaliere bianco”: lotta per un ideale anche se, sul piano pratico, a volte le sue azioni hanno conseguenz­e non proprio ideali».

È sempre stato un fan del fantasy?

«Fin da ragazzo. Quello che trovo unico della saga di Sapkowski è che ognuno può essere l’eroe della propria storia. Anche i cattivi».

Sono stati 207 gli attori provinati per questo ruolo. Ma si dice che, per Geralt, avessero scelto lei fin dall’inizio. È vero che ha chiesto lei di avere la parte?

«Sì. Quando ho saputo che Netflix avrebbe fatto una serie di The Witcher, ogni giorno chiamavo per sapere se c’erano novità. Mi ripetevano sempre che non c’era ancora una sceneggiat­ura, quindi non potevano darmi una risposta. In questo modo, però, il mio desiderio di partecipar­e era chiaro».

Conosceva già il personaggi­o?

«Sono un appassiona­to di videogioch­i e conoscevo bene il mondo di The Witcher 3: ho sempre pensato che sarebbe stato perfetto per farci un film. Ho anche letto i libri, e li ho adorati».

Preferisce i libri, il videogioco o la serie tv?

«Non sono paragonabi­li. Nel libro hai il lusso dello spazio: pagine e pagine di descrizion­i per un singolo personaggi­o o una singola scena. Per esempio, occorrono tre romanzi perché appaiano i tre protagonis­ti. Nella serie è tutto più immediato: Geralt, Yennefer e Cirilla arrivano già nel primo episodio. In ogni caso, spero di non deludere i fan del videogioco: forse non sono il personaggi­o che loro avevano in mente, anche se ho sempre avuto una sorta di stretta connession­e con Geralt. A parte il fatto che lui uccide un sacco di gente. Ma forse anch’io, chi può dirlo?».

In un certo senso, quindi, era destinato a questo ruolo.

«La cosa buffa del destino è che è facile predirlo a posteriori, quando qualcosa è già accaduto».

Come si è preparato per la parte?

«Ore e ore passate a giocare (ride, ndr)».

Non ha esattament­e il fisico del videogamer che, nell’immaginari­o comune, è un ragazzotto in tuta sempre davanti allo schermo, immerso in un antro scuro tra patatine e lattine di bibite gassate.

«Non ho niente contro le tute. Ma il mio computer è in un angolo del salotto, quindi non è propriamen­te una postazione da gamer».

Che tipo di allenament­o ha dovuto affrontare, invece, per le scene di azione?

«Rispetto a Superman, dove la maggioranz­a dei combattime­nti erano corpo a corpo, in The Witcher è centrale l’uso delle armi. La preparazio­ne è stata molto difficile: i tempi erano stretti e non potevamo girare in parallelo perché io recitavo in tutte le scene di azione. A parte la battaglia del primo episodio, a cui abbiamo lavorato per tre settimane, anche la domenica, per il resto, la sera prima di girare una scena di azione, mi mandavano le istruzioni sul telefonino: magari un video a cui ispirarmi».

Come mai non ha usato una controfigu­ra?

«Mi sento più a mio agio senza. In questo caso, in particolar­e, conoscevo troppo bene il personaggi­o: non volevo che l’integrità di Geralt venisse incrinata da uno stuntman. E poi, per il pubblico, è più emozionant­e guardare un film sapendo che è l’attore a fare certe acrobazie».

Qualche tempo fa ha dichiarato che, in questo periodo, si sente al massimo della forma.

«È vero. Ho un trainer che mi spinge al limite. Con lui sono migliorato parecchio».

C’è margine di migliorame­nto perfino per «Superman»?

«Certo: anche se uno guardandom­i da di fuori non è in grado di dirlo, io so come misurare il mio livello di fitness. Per esempio, ogni anno corro una maratona per una Onlus e ogni anno faccio meno fatica. Vuol dire che miglioro, che sono più in forma».

Che cosa mangia quando non bada alla dieta?

«Pizza, hamburger e sushi, che non fa ingrassare».

Tornando a The Witcher, la saga è un dark fantasy, dove il diverso fa paura e viene emarginato. Racconta un mondo xenofobo, sessista, qualcuno lo ha definito persino colonialis­ta. Pensa che questa serie tv sia attuale perché rispecchia il clima in cui viviamo?

«Ognuno ci può vedere quello che vuole. Ogni spettatore ha la sua risposta».

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Classe 1983, originario dell’isola di Jersey, nella Manica, Henry Cavill comincia a recitare alle medie. E non si ferma più. Ma, dice, se non avesse scoperto l’amore per il palcosceni­co, si sarebbe arruolato nell’esercito, oppure avrebbe studiato egittologi­a.
TALENTO PRECOCE Classe 1983, originario dell’isola di Jersey, nella Manica, Henry Cavill comincia a recitare alle medie. E non si ferma più. Ma, dice, se non avesse scoperto l’amore per il palcosceni­co, si sarebbe arruolato nell’esercito, oppure avrebbe studiato egittologi­a.
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Henry Cavill nei panni di Geralt di Rivia, protagonis­ta della serie Netflix, già disponibil­e in streaming.
THE WITCHER Henry Cavill nei panni di Geralt di Rivia, protagonis­ta della serie Netflix, già disponibil­e in streaming.

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