GIORGIO DELL’ARTI La settimana in 5 minuti
Ci si chiede, come sempre a inizio anno, quale destino attenda l’Italia.
Bisogna rispondere considerando ciò che potrebbe succedere tra poco e ciò che potrà succedere tra molti anni.
TRA POCO
Le dimissioni da ministro della Pubblica istruzione di Lorenzo Fioramonti e la cacciata dal M5s di Gianluigi Paragone fanno capire che il «tra poco» italiano ha a che vedere con la dissoluzione del Movimento 5 stelle e l’indebolimento progressivo del governo Conte 2 che, al limite, potrebbe cadere e aprire (forse) la strada alle elezioni anticipate. Ma in gennaio non c’è solo questo: lo stop alla prescrizione, fortissimamente voluto da Di Maio, e in vigore dal 1° gennaio, potrebbe provocare il divorzio tra grillini e Partito democratico. Sulla questione del referendum chiesto per cancellare il taglio dei parlamentari, c’è ancora fino al 12 gennaio la possibilità, per chi ha firmato, di fare marcia indietro: esiste tuttavia la tentazione di far cadere il governo prima di quella data e andare al voto col vecchio sistema, in modo da non veder tagliati i seggi disponibili. C’è poi l’altro referendum, quello leghista, che si propone di eliminare dalla legge elettorale la parte relativa al voto proporzionale così da
andare eventualmente alle urne con un maggioritario puro. Il 20 gennaio si vota sul caso Salvini: deve o no essere processato per sequestro di persona, avendo proibito, da ministro dell’Interno, a un gruppo di migranti di scendere a terra dalla nave Gregoretti che li aveva salvati in mare?
Di Maio sembra intenzionato a votare per il processo, ma è una decisione foriera di spaccature dentro il partito di Grillo, dato che quando stavano al governo con Salvini quelli del M5s votarono, in un caso simile, contro il diritto della magistratura di processare il loro alleato. Ci sono infine, il 26 gennaio, le elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria. I sondaggi dicono che, grazie anche all’offensiva delle sardine, il candidato del Pd Stefano Bonaccini – che corre tuttavia senza inalberare le insegne del suo partito – vincerà. Ma se i sondaggi avessero torto e alla fine avesse la meglio la leghista Lucia Borgonzoni, il Pd ne dedurrebbe che la sua base disapprova l’accordo con Di Maio e romperebbe l’alleanza che regge il governo. Insomma, già arrivare a febbraio, per il Conte 2, sarebbe una bella impresa.
TRA MOLTI ANNI
In prospettiva, i problemi più gravi per il Paese sono la caduta della sua capacità di produrre, la progressiva desertificazione del Mezzogiorno, il crollo demografico. Sulla sua capacità di produrre parlano chiaro gli ultimi dati: l’indice della nostra attività manifatturiera, registrato da Ihs Markit in base a un sondaggio fra i direttori acquisti, è il più basso dall’aprile 2013. Le cause sono più che note: l’afflusso di capitali esteri è sconsigliato dalle lungaggini della nostra giustizia civile, la burocrazia rende qualunque progetto – pubblico o privato – quasi impossibile da portare a termine, i giovani più attivi e più preparati preferiscono andare a rischiare all’estero piuttosto che restare in patria inattivi e sottopagati. Sullo sfondo, a livello culturale, l’avversione per il profitto e l’impresa che discendono dal pensiero marxista e da quello cattolico, il nostro perdurante familismo amorale, la corruzione, la criminalità organizzata.
Il Sud ha poi un Pil dimezzato rispetto al Nord, e basterebbe questo. Ma si deve poi aggiungere un fenomeno ancora più impressionante, documentato dallo Svimez: la progressiva desertificazione umana del territorio. Da qui al 2065 nel Meridione si perderà il 40 per cento della forza lavoro attiva, che in termini numerici significa 5 milioni di lavoratori in meno, con un conseguente crollo del Pil. Le aree interne hanno visto già oggi perdere 225 mila abitanti, e il trend della fuga è in crescita: dal 2000 le residenze sono calate, mancano all’appello 2 milioni di abitanti.
C’è infine la crisi demografica, un fenomeno che si può arginare solo con una massiccia accettazione di giovani migranti. Le caratteristiche del fenomeno sono note: facciamo sempre meno figli e siamo sempre più vecchi.
La cosa ha conseguenze molto gravi sul nostro benessere: nei prossimi 22 anni, secondo una ricerca della Banca d’Italia, il Pil italiano crollerà del 15%, quello individuale del 13. Il Censis aggiunge un calo della popolazione dal 2015 a oggi di 436 mila cittadini. Già nel 2041 un terzo degli italiani avrà più di 65 anni, mentre gli under 54 saranno diminuiti di 8 milioni. Tra i rimedi c’è quello di prolungare l’età lavorativa ben oltre i 67 anni della legge Fornero.
Con conseguenze sociali non trascurabili.