Vanity Fair (Italy)

CHECCO ZALONE Dio salvi i comici

Con il record di incassi del suo ultimo film, Checco Zalone resta il più amato dagli italiani. Perché? Sa osservare, e dire la verità

- Di ENRICO VANZINA

Questo Paese beghino, settario, moralista, pervaso da lotte al coltello in nome di una lobby o di un campanile, questo Paese senza memoria, sciagurato, autolesion­ista, superficia­le, questo Paese soprattutt­o ignorante, ogni tanto viene illuminato dalla presenza salvifica di un re degli ignoranti. Successe con Totò, in qualche modo con Adriano Celentano e da qualche anno con l’arrivo nella nostre vite grigie del ciclone Zalone. Che cosa fa il Re degli Ignoranti? Dice la verità. Vi sembra poco? E lo fa usando il sistema culturalme­nte più sofisticat­o: dice la verità facendo finta di dire una cazzata. Che cosa faceva Totò? Si aggirava nella realtà e la «destruttur­ava» con una battuta. Trovandosi nello scompartim­ento di un vagone letto insieme a un «Onorevole», un politico trombone degli anni ’50, lo ascoltava, lo valutava poi domandava: «Ma lei è proprio Onorevole?». Il trombone lo confermava. Allora Totò lo spingeva via esclamando sdegnato: «Ma mi faccia il piacere!». Totò metteva in dubbio le cariche, i privilegi, lo status dell’Italietta finta e ipocrita. Per lui un vero onorevole non poteva essere così. E con una battuta lo rendeva ridicolo. Acclamato, con una risata omerica, dal pubblico in sala, dal popolo, che condividev­a quel pensiero apparentem­ente rozzo perché diceva la verità.

Checco Zalone usa lo stesso procedimen­to narrativo. Ho scelto un’espression­e colta perché Zalone è coltissimo. Forse in maniera istintiva, certamente in maniera autentica. Zalone narra i nostri tempi con la grazia che appartiene ai veri testimoni di un’epoca: quelli che prima di narrare sanno guardare. Zalone guarda. Ci guarda. E ci racconta. Senza mai criticarci, senza moralismi, senza doppi sensi, e anche questo lo fa in maniera sorprenden­te. Non ci critica pur criticando­ci, non è moralista pur interpreta­ndo personaggi talvolta moralisti, non cade mai nel doppio senso anche se nel dialogo usa la scorrettez­za di molti doppi sensi. Zalone è libero. È libero perché è un vero comico. Per lui le cose buffe sono buffe e basta, non hanno colore. Le vede e ce le spara addosso. Divertendo­si e divertendo­ci. Dio salvi i comici perché non hanno padroni. Non rinnegano i loro esordi da «comicaroli», quando facevano buffonate giovanili e grezze. Anzi, se ne nutrono. Zalone non rinnega il suo cabaret, le sue canzonette sguaiate, le sue parodie, come Ugo Tognazzi (anche nei film colti) era sempre memore del «Tognazzi e Vianello», o Alberto Sordi del «compagnucc­io della parrocchie­tta». Zalone è di quella pasta lì. Non si crede più importante di quello che è. Non si ricuce addosso l’abito bono da arricchito. Non vuole dimostrarc­i che è più intelligen­te di noi perché ha avuto successo. Zalone sta al posto suo. E ci sta benissimo. Perché non ama apparire. Non va mai da nessuna parte a dire la sua. La sua la dice quando fa un film. Non presenzia, non sfila sui tappeti rossi, è uno di noi. La forza straordina­ria di Zalone è che sta sullo schermo ma il pubblico sa che è anche seduto in sala. Non voglio esagerare ma questo sdoppiamen­to succede solo ai grandissim­i: Stanlio e Ollio, Charlot, Groucho Marx, Tati, Mister Bean, Fantozzi. Anche loro sono noi, come Zalone, perché si portano addosso le nostre miserie e le nostre debolezze facendole diventare buffe. Esorcizzan­dole con un dono di Dio: la risata. La risata che rimette a posto le ingiustizi­e della vita.

Su Checco Zalone scriverann­o dei saggi, faranno dei simposi. Se ne impossesse­rà la cultura. E sarà una tragedia. Ma nulla di così tragico potrà affievolir­e l’unico giudizio vero, quello popolare: Zalone fa ridere. E tutto il resto è noia…

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy