LETTERE La Buonanotte (e il buon anno) di Luca Dini
Io non me lo sognavo, un Capodanno così. Finito il Master mi ero detto: sei saltato da un lavoretto a cento altri, ti devi prendere del tempo per capire che cosa vuoi fare. E invece è esplosa questa cosa delle sardine, e mi ha travolto. Nel 2019 a Roma ho vissuto episodi di violenza razzista e sessista che mai avevo visto. Omofobia: io e il mio moroso presi a bottigliate. Giornali e talk che aizzano contro Greta Thunberg, una ragazzina, una Asperger come me. Il senso di impotenza si è trasformato nel senso di potenza delle nostre piazze. E io a rappresentare le sardine in tv, come gay e come Asperger. Il mio attivismo è figlio della Sindrome, una condizione dello spettro autistico ad alto funzionamento che rende insopportabili le ingiustizie. Già nel 2018 avevo postato un video di replica a Grillo che aveva preso in giro autistici e Asperger, come fossimo malati immaginari. Poi, di fronte alla campagna d’odio della destra contro tutti i diversi, non è stato più possibile tacere. La consapevolezza di essere Asperger ce l’ho da pochi anni. Altri lo sospettavano, io lo rifiutavo. Accettarlo e prenderne coscienza è stato il mio secondo coming out, ha dato un senso a tante passate difficoltà e mi ha insegnato ad affrontare la mia diversità neurologica, a comportarmi socialmente, a non interrompere, a canalizzare la mia ipersensibilità. Da bambino parlavo con gli alberi, le persone non le capivo. Se a scuola non ero interessato mi era impossibile ascoltare, se lo ero diventavo strabordante. Ogni cosa la svisceravo e poi la abbandonavo. Non ho la nozione del tempo né dell’orientamento, io che amo le cartine. Ricordo le targhe delle auto che vedo, ma se una cosa non resta impressa nella mia memoria selettiva faccio la stessa domanda quaranta volte. L’intolleranza per le frasi di circostanza, l’incapacità di tacere davanti a un’ingiustizia: ogni cosa in noi è diversa. Finisci per isolarti, ti inghiottono l’ansia, i tic, la balbuzie.
L’altro coming out, quello sulla mia omosessualità, l’avevo fatto l’estate dei miei 19 anni. Giocando a carte nella mansarda in campagna, il babbo aveva buttato là: oh, non è che la tua fidanzata in realtà è un fidanzato. Sono sceso giù e l’ho detto a mia madre. Ricordo tutto, lei in topless e occhialoni sull’erba luccicante, in mano Vanity Fair, che mi fa, da romagnola schietta: beh, ma che problema c’è. Dopo tutto il tempo in cui mi ero cagato sotto all’idea di dirlo.
Sono fortunato ad avere una famiglia così, ma non è stato facile. Un anno prima avevo tentato il suicidio. Non lo rifarei mai, ma in un ragazzo il senso di segregazione di una sessualità diversa, unito all’ansia di un’altra diversità sconosciuta – nel mio caso l’Asperger – può essere devastante. Per questo è determinante che Greta abbia aperto la conversazione. Per questo è importante per me essere il doppio esempio positivo di un coming out che cambia la vita, dire a un ragazzo in difficoltà di chiedere aiuto prima di fare la cazzata che ho fatto io. Per questo mi dà gioia ricevere i messaggi di genitori di autistici che nel vedermi in Tv trovano speranza per i loro figli, di ragazzi Asperger che hanno deciso di fare coming out a scuola, o con la fidanzata. Dal 2020 mi auguro quello che si augura ogni sardina, e in più che qualche neurotipico inizi a pensare che la persona che ha davanti ha un cervello diverso ma non per questo peggiore, anche se non ride per le stesse battute. E a chiedersi come sarebbe il mondo se fossero loro, i neurotipici, ad adattarsi a noi. Se non esistessero le conversazioni vuote: come stai? bene, tu? Se tutte le persone fossero come noi incapaci di tacere la verità, e si arrabbiassero per le ingiustizie che davvero meritano la nostra rabbia.
LORENZO DONNOLI
Faccio anche io doppio coming out. Primo: Lorenzo è di famiglia, e non tanto perché ultimamente va in tv e posta video in cui castiga Salvini e Meloni per avere esposto alla gogna dei follower ragazzi colpevoli solo di averli criticati; Lorenzo è figlio di Alessandro, che da frequentatore del mio ex blog è diventato un amico anche se ci siamo visti in faccia una volta sola (e lo sarebbe anche se non ci fossimo visti mai). Secondo: questa lettera è in realtà il succo di una telefonata in cui Lorenzo ha parlato di tutto. Dei suoi antenati e delle tante cause per cui si spende, dall’ippoterapia per bambini disabili alla lotta contro le mafie; di Giuseppe Paschetto, finalista del Global Teacher Prize, che meriterebbe, lui sì, di essere ministro dell’Istruzione, e di Thomas Sankara (vi sfido a trovare un altro under 30 che sappia chi è).
Per il resto, posso solo aderire al suo augurio. Che questo 2020 ci insegni a infervorarci per le cose che davvero contano. Che ci renda tutti un po’ meno neurotipici e un po’ più Asperger. Buon anno.
*Direttore Editoriale Condé Nast