Vanity Fair (Italy)

Luna di miele

Continua il giallo in 13 puntate, scritto in esclusiva per i nostri lettori. Ecco il quarto capitolo: buona lettura

- di ESHKOL NEVO

CAPITOLO 4

Riassunto dei capitoli precedenti Ronen Amir, turista israeliano di 29 anni, è rimasto ucciso sulla Strada della morte in Bolivia mentre era in luna di miele. La sua vedova, Maya Amir, è in lutto. Quando Omri, un giovane divorziato che li ha incontrati durante il viaggio, arriva a porgerle le sue condoglian­ze, Maya lo ignora, ma un attimo prima che lui se ne vada gli infila in mano un foglietto su cui è scritto: prosegui fino alla fine della via e aspettami. Durante la conversazi­one che segue, in un luogo isolato, si scopre che i due si erano baciati durante la luna di miele e che la morte di Ronen non è stata un incidente.

Mi stai guardando come se volessi domandarmi qualcosa, ha detto Maya. Forza dunque, chiedi. Le nostre dita erano ancora intrecciat­e. Le nuvole sopra di noi minacciava­no di scoppiare.

Se stavate così male, ho chiesto, perché non siete saliti su un aereo per tornarvene a casa?

Perché non sono saliti, intendi dire. Allora sta funzionand­o, parlare in terza persona. A quanto pare.

Ti ascolto.

Dopo una settimana, vedendo che suo marito continuava a ignorarla, lei gli ha effettivam­ente chiesto se non voleva tornare in Israele e lui ha risposto di no, allora lei ha insistito: non mi pare che tu ti stia godendo il viaggio, e lui l’ha guardata negli occhi e ha detto, mi spiace, non so cosa mi sta succedendo, non faccio che pensare a mio padre, flashback di lui che crolla in salotto, e ho un mucchio di altri pensieri cattivi, non riesco a bloccarli. Va tutto bene, ha risposto lei, supereremo insieme questo momento. Gli ha accarezzat­o la schiena e lui non si è ritratto e lei ha pensato che fosse un buon segno.

Sono seguiti alcuni giorni di miele, di piccole carinerie da parte di lui, ti porto io lo zaino, vuoi il caffè in camera? Come ti stanno bene questi pantaloni, questa camicetta, perché perdere tempo a guardare il panorama quando posso guardare te? Giorni che si sono conclusi bruscament­e quando lei si è trattenuta a parlare con la guida a Salar, voleva solo chiedere come mai il lago rosso diventava rosso, e sì, poteva avergli sfiorato il gomito durante la

conversazi­one, lei è così, è una che tocca, ma di certo non giustifica­va la scenata che Ronen le aveva fatto dopo, davanti a tutto il gruppo. Adesso non se la sentiva di ripetere tutte le parole che erano state pronunciat­e, era stato troppo umiliante, ma tra le altre cose l’ha chiamata zoccola e… deficiente e… insomma, quello è stato il suo punto di non ritorno. Di colpo, il continuo sforzo di capirlo e di accogliere i suoi sbalzi di umore ha lasciato il posto a una rabbia fredda. Ha aspettato di rientrare nella camera dell’ostello, ha chiuso la porta e gli ha detto che lui non le avrebbe mai più parlato in quel modo, perché se fosse successo un’altra volta lei l’avrebbe mollato su due piedi, luna di miele o no, non era disposta a farsi trattare così. Era convinta che lui avrebbe ribattuto, invece è caduto in ginocchio, sul pavimento lurido della stanza, le ha baciato la mano e l’ha scongiurat­a di perdonarlo. Ha promesso che non sarebbe mai più accaduto e proposto di tornare l’indomani a La Paz, dove sarebbe andato in farmacia a comprare dei tranquilla­nti, bastava che lei non lo lasciasse, quello non era capace di sopportarl­o, per lui sarebbe stata la fine. *

E quindi io… il giorno dopo vi ho incontrati nella gelateria a La Paz?

Precisamen­te.

Che tempismo.

Omri, dimmi, cosa hai… pensato di me in quel momento, nella gelateria?

Cos’ho pensato di te?

Sì.

Maya mi ha rivolto il primo sorriso civettuolo, che nello stesso tempo era anche un po’ triste. Come se sapesse troppo bene come andavano a finire tutti i flirt.

Mi sei piaciuta, ho risposto al tuo sorriso. Questo è sicuro. Ma non avrei mai immaginato che…

Che ti avrei bussato alla porta a metà della notte. Con i leggings e una camicia a quadretti rossa. E il primo bottone era slacciato.

Te ne ricordi?

Come potrei dimenticar­e?

Per la verità nemmeno io avrei mai immaginato. E allora cos’è successo che…

E se continuass­imo la storia?

*

L’indomani hanno preso un pullman per La Paz e lui le si è addormenta­to sulla spalla durante il viaggio. Lei invece non riusciva a dormire, era come se il virus dei pensieri negativi l’avesse contagiata. Come poteva sopportare di stare con lui ancora un mese intero, pensava. Forse doveva fingere una brutta malattia e chiedergli di anticipare il volo di ritorno per lei, farlo sentire forte. Ma che razza di idea era fingersi malata, chi si finge malato durante la luna di miele, non dovrebbe andare così. Non si dovrebbe fare sesso una sola volta in quindici giorni durante la luna di miele, lui non la doveva chiamare zoccola e deficiente durante la luna di miele, lei non si doveva sentire zoccola e deficiente solo perché lui l’aveva chiamata così. Forse lui non la trovava più attraente, tutto lì, forse entrambi si erano giocati il loro amore prima di sposarsi e adesso erano come una località turistica fuori stagione.

La testa di lui le pesava sulla spalla. Lei la spostava, ma ogni volta che il pullman aveva uno scossone ricadeva. Le premeva sull’osso…

Più di tutto, sentiva il bisogno di qualche ora di solitudine. Per schiarirsi le idee. Perciò la mattina del giorno in cui hanno incontrato il… divorziato alto, lei ha chiesto: va bene se mi prendo qualche ora per girare da sola la città? L’ha chiesto con la massima gentilezza, ma lui ha risposto un secco no, gli spiaceva. E ha aggiunto, mi pare che le pillole aiutino, però non sono ancora pronto a restare solo con i miei pensieri, e men che meno in questa camera deprimente. Lei aveva voglia di ricordargl­i che gli era stato consigliat­o un ostello bellissimo in città ma lui l’aveva bocciato per via del prezzo, ragione per cui si ritrovavan­o in «questa camera deprimente». Invece ha risposto, d’accordo, allora andiamoci a mangiare un gelato, ho sentito che c’è una gelateria con dei gusti speciali, non lontano dall’ostello El Lobo, quello dove vanno tutti gli israeliani. Per strada hanno incontrato il divorziato alto, che è stata la prima persona, a parte Ronen, con cui lei ha parlato ebraico dall’inizio del viaggio. All’inizio le è parso che avesse l’aspetto da vichingo, perciò gli si è rivolta in inglese, ma lui ha risposto in ebraico e qualcosa nella facilità di comunicazi­one e nel calore semplice che lui emanava ha messo ancor più in evidenza quanto tutto fosse complicato e bloccato con suo marito, che è rimasto a sedere con loro trincerato in un silenzio assordante per tutta la conversazi­one. Dopodiché hanno accompagna­to quel vichingo israeliano – che aveva anche un gran bel nome, Omri – hanno accompagna­to Omri al suo ostello, proprio l’ostello consigliat­o in cui anche lei avrebbe voluto soggiornar­e, e oltre la sua spalla lei ha visto che nel cortiletto interno scrosciava una fontanella di sassi. E di tutte le cose proprio quella fontanella l’ha esasperata, l’ha portata a realizzare, d’un tratto, che dall’inizio del viaggio stava vivendo sotto dittatura. Certo il dittatore era un miserabile, ma proprio il fatto che fosse miserabile gli permetteva di tenerla in pugno e commentare, non appena si sono allontanat­i da Omri, che «era patetico come da ogni uomo che si trovasse nei paraggi lei dovesse mendicare attenzione». Lei non ha risposto a quella perfidia, la sera si è infilata con lui a letto in tuta, come se niente fosse, si è lasciata abbracciar­e, come se niente fosse, e ha aspettato che i tranquilla­nti lo mettessero k.o. Dopo che si è addormenta­to ha verificato che non si svegliasse tirandogli un pochino la barbetta, e a quel punto si è infilata i leggings e rimessa gli orecchini. Ed è uscita. All’inizio non sapeva dov’era diretta, davvero, si è solo riempita i polmoni di quell’aria libera. Poi però le gambe l’hanno condotta all’ostello di Omri. Non aveva idea che la visita nella sua camera sarebbe finita com’è finita.

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