Vanity Fair (Italy)

LA DANZA DELLA VITA

- di AMBRA ANGIOLINI

Un, dos, tres, un pasito pa’lante María, un, dos, tres, un pasito pa’atrás!»... La balera s’infiamma e l’ottuagenar­ia Gina inizia a scalciare. Gambe divaricate e ginocchia flesse ammortizza­no movimenti simili al twerking, le braccia arabeggian­ti, le mani che si chiudono e aprono come per simulare uno sparo. La prima «vittima» è mio padre. Gina punta e spara verso di lui, si avvicina continuand­o a muoversi con sguardi pieni di passione e di buone notizie. Mio padre cede e si alza, scavalca mia mamma, inizia a scalciare come Gina mentre Ricky Martin tuona il finale della canzone: «María, María... un dos tres!». Gina si gira verso di noi, pubblico non pagante e a tempo di musica mima il gesto dell’ombrello. La sua dannata danza finisce per tutta la sera così, non c’è canzone che non abbia l’onore del passo finale. «Tiè!» dopo Elettra Lamborghin­i, «Tiè! Tiè!» dopo J-Ax, «Ari-tiè tiè!» dopo Shakira. Sono completame­nte sua, spero mi «spari» e mi chieda di ballare con lei. Eccola! È davanti a me, un tripudio di movimenti pelvici legnosi mi attirano. Io aspetto il finale e nel frattempo mi conturbo in una psicodanza. «Tiètiètièt­iè» prima del previsto mi parte il gesto dell’ombrello e Gina urla «No! Devi aspettà la fine della canzone. Un anno fa m’avevano data pe’ morta e quanno me so’ svejata c’era na’ canzone e me so messa a ballà. Mo ballo tutti i sabato sera e quanno finisce la canzone e me ricorda che so’ viva...TIÈ TIÈ TIÈ!!!». Cento di questi TIÈ... amica mia.

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