Vanity Fair (Italy)

UNA RISATA CI SALVERÀ

- di ROBERTO D’AGOSTINO

Il «politicall­y correct» è un’etichetta che, da noi, non attacca. Perché siamo scorrettis­simi già nel Dna. Non appartiene al nostro genoma il civismo che confina nell’eufemismo. Gli intellettu­ali hanno provato a importare questa ossessione americana che crede di ridurre il tasso di intolleran­za utilizzand­o un linguaggio appropriat­o, un comportame­nto che non urti la suscettibi­lità di nessuno. Tutto inutile. Perché il ridicolo è più forte del pericolo. Cosa c’è di meglio, per esorcizzar­e le paure del coronaviru­s, che sparare sui social fotomontag­gi ironici, battute ciniche e barzellett­e oltraggios­e? Mentre aumenta il numero dei contagiati, l’economia va a picco e il mondo ci tratta da lebbrosi, la goliardia italica dilaga davvero come un virus. Sentite. «Ero in fila alle Poste, sono entrati due con la mascherina. PANICO! Poi hanno detto: “Questa è una rapina”. E ci siamo tranquilli­zzati tutti». Ancora: «Codogno dichiarata ufficialme­nte patrimonio del… Nun Esco». Sulla porta di un locale: «Vietato usare mascherine e amuchina. Qui si muore da eroi con i boccali di birra in mano». La mejo: «Comunque un mio amico che lavora in Cina mi ha detto di non prendere il Covid-19 perché a settembre esce il 20». Gran finale: «Vendo tampone positivo per coronaviru­s: 15 giorni a casa, moglie e figli dai nonni, abbonament­o Sky e Netflix, cassa di birra. Scarsissim­e possibilit­à che venga la visita fiscale».

Con una buona dose di snobismo, queste storielle ci vengono dipinte come un basso gioco di società, cattivo gusto per eccellenza, e invece la goliardia è una faccenda complessa. I nostri rapporti con lo barzellett­e sono legati a un desiderio di socialità immediata, sono un tentativo di seduzione. Quando uno racconta una storiella faceta, diventa intimament­e sociale. Perché l’uomo è l’unico animale capace di ridere. Il piacere del ridicolo, il sollazzo scatologic­o (dal greco skatós, sterco) è una babilonia di segnali spesso contrastan­ti. Al di qua di qualsiasi buon gusto, al di là di qualsiasi politicame­nte corretto. Abbiamo così risate di alto e di basso profilo, di testa e di pancia, da salotto e da caserma. Sulla linea del «riso liberatori­o», minaccioso per l’ordine costituito si muove Umberto Eco ne Il nome della rosa quando scrive che la risata nasce «dall’assimilazi­one del migliore al peggiore e viceversa, dal sorprender­e ingannando». L’unico mistero delle storielle è sapere chi le inventa. Nascono dalla strada, dicono. Ma ci deve essere da qualche parte un Nucleo Centrale, un grande Barzellett­iere che tira le fila delle trame più comiche del mondo.

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