Vanity Fair (Italy)

DARIA BIGNARDI

Mi dispiace per Ugo Russo

- di DARIA BIGNARDI

Hanno perso tutti sabato notte a Napoli. Il ragazzino dei Quartieri Spagnoli incensurat­o che ha usato una pistola giocattolo per rubare un Rolex e una catenina a un carabinier­e fuori servizio e alla sua fidanzata, il carabinier­e, napoletano, ventitré anni, figlio di brigadiere, che ha sparato e lo ha ucciso, i genitori del ragazzino che lo hanno salutato alle nove di sera dal barbiere − che a Napoli ci si taglia i capelli anche alle nove di sera − e lo hanno rivisto alle due di notte all’obitorio, gli amici e parenti che hanno devastato il Pronto Soccorso dell’ospedale all’alba − come se l’ospedale invece che un servizio di tutti appartenes­se a un mondo altro e lo Stato fosse un nemico di cui vendicarsi −, quelli che hanno sparato contro la caserma Pastrengo dove stavano interrogan­do il suo amico coinvolto nella rapina, diciassett­e anni, la ragazza di diciannove anni fidanzata col carabinier­e, e poi le istituzion­i, la scuola, gli adulti, la città, lo Stato, tutti: anche se Ugo Russo, quindici anni − sedici il dieci di aprile−, è quello che ha perso di più.

Ho letto che anche lui aveva una ragazza da quando aveva dodici anni, e gli sarebbe piaciuto andare a Londra a fare il pizzaiolo. Aveva lasciato la scuola alla fine della terza media e faceva lavoretti: muratore, garzone di bottega. E sabato sera, con una pistola finta, in sella a un motorino col suo amico, una rapina. Se ci fosse andato davvero, a Londra, magari sarebbe diventato come Gino DA’ campo che da ragazzino lasciò Torre del Greco per fare il lavapiatti ad Hampstead e oggi ha una catena di ristoranti e un programma in tv. La zia di Ugo Russo, intervista­ta da Fanpage, ha detto: «Anche a te possono succedere problemi economici e puoi fare qualche reato», come se l’unica soluzione ai problemi economici fosse l’illegalità, come se un po’ di criminalit­à fosse inevitabil­e, tollerarla, scontata. Per molti a Napoli, e non solo a Napoli, è così. Se quella di Ugo Russo fosse stata una famiglia di camorristi lui non avrebbe cercato di rubare un orologio, perché i camorristi di soldi ne hanno tanti, e persino un ragazzino come lui avrebbe posseduto una pistola vera. Mi dispiace tanto per lui − che, come ha detto sua nonna, era tanto bello − e per la sua famiglia. Mi dispiace per quel giovane carabinier­e, per Napoli, per lo Stato e per tutti noi perché in storie brutte come questa un po’ di responsabi­lità l’abbiamo tutti.

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