Vanity Fair (Italy)

ROBERTO D’AGOSTINO

Una risata ci salverà

- Di MATTIA FELTRI

Del caso di Harvey Weinstein penso il peggio possibile. Siccome siamo tutti sotto ricatto, tutti inquadrabi­li nell’ultima sillaba, dimenticat­i i milioni di articoli precedenti, e siccome sono pusillanim­e, parto dall’orco: non mi piace Weinstein, non mi piace la sua faccia, la sua protervia (per sentito dire), il suo approccio alle donne, il suo modo più sfrontato che esclusivo di gestire il potere, la sua vita non è la mia, anche per sproporzio­ne di mezzi. Non mi piace che abbia usato la sua forza per la sua voluttà, non mi piace neanche chi ha usato la sua forza per la sua carriera, ma questi sono affari privati e sacrosanti. Non mi piace che sia uno stupratore, come dicono le condanne recenti, perché lo stupro mi fa orrore. Non mi piacciono le denunce di decenni dopo, a orco indebolito, perché anche questa è una sorta di linciaggio e il linciaggio è dei vili. Non mi piace vedere le donne offese e in lacrime. Non mi piacciono le foto di Weinstein avviato in tribunale malandato e claudicant­e. Non mi piace che debba finire in galera e intanto giace in ospedale stronco e piantonato. Non mi piace in assoluto una giustizia che non riesce a inventarsi niente altro che la prigione. Non mi piace niente di niente. Non mi piacciono le esultanze alla notizia che Weinstein è stato dichiarato colpevole, perché la dichiarazi­one di colpevolez­za è un momento dolente e dovrebbe esserlo per tutti. L’esultanza a un vecchio che va dietro le sbarre – per quanto fosse violento e intoccabil­e – non è giustizia ma è vendetta. Ridere di un disgraziat­o è vendetta. Prendere Weinstein e issarlo sulla pira del rogo all’Uomo Predatore è fare di lui il capro espiatorio. Roba di millenni fa, e sempre di moda. Non mi piace.

Mi fa schifo.

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