CORONAVIRUS
Come cambiano le abitudini
Due settimane da panico. Contagi, vittime e una nazione in stallo. Il coronavirus ha messo in ginocchio l’Italia, ma l’emergenza si sta rivelando anche un’opportunità per crescere e fare di questo un Paese più moderno. In risposta all’epidemia si sta diffondendo lo smart working, per anni da noi rimasto al palo, mentre nel resto d’Europa coinvolge in alcuni casi anche il 30 per cento dei lavoratori dipendenti. Crescono i pagamenti elettronici per effetto del boom degli acquisti online e arretra la dipendenza dal contante. Nelle classifiche dei libri più venduti sono persino spuntati capolavori del passato che fino a ieri non leggeva più nessuno. Ma la malattia, dopo che i Paesi esteri hanno iniziato a sbarrare gli ingressi agli italiani, sta anche dando una lezione ai sovranisti, che prima volevano alzare muri e adesso si ritrovano dalla parte sbagliata di quei muri.
POPOLO DI SMART WORKER
Italiani santi, poeti, navigatori e smart worker. Per non farsi travolgere dall’emergenza e tutelare la propria forza lavoro aziende del calibro di Enel, Luxottica, Unicredit e Tod’s (e anche Condé Nast), al pari della Pubblica amministrazione, hanno deciso di ampliare, durante l’emergenza, il bacino di dipendenti autorizzati a lavorare da casa. La Fondazione studi dei consulenti del lavoro ha calcolato che in Italia possono lavorare da remoto oltre 8 milioni di lavoratori dipendenti: prima dell’allarme coronavirus solo in 300 mila usavano questa modalità. Risultato, fino a una settimana fa appena il 2 per cento dei dipendenti aveva sperimentato il lavoro agile, mentre nel Nord Europa l’asticella arriva anche al 30 per cento.
CASH INDIPENDENTI
L’emergenza sta dando una spinta ai pagamenti elettronici in un Paese ancora molto affezionato al contante. Gli italiani usano la carta per pagare 7 volte meno degli svedesi e 4 volte meno dei francesi. Il governo, con lo scopo di arginare l’evasione, ha attuato una serie di misure per traghettare i cittadini verso il cashless, e il coronavirus sta velocizzando il processo. L’allarme ha fatto lievitare gli acquisti online e di riflesso pure i pagamenti elettronici, visto che vanno a braccetto. Al Nord, secondo una ricerca targata Iri, dal 17 al 23 febbraio le vendite su Internet della grande distribuzione organizzata sono balzate del 58,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019.
LEGGERE GUARISCE
Tra gli effetti collaterali positivi legati al diffondersi del virus vi è anche quello di aver riportato in auge capolavori letterari che sembravano ormai dimenticati. Qualche esempio? La Peste di Albert Camus (edito nel 1947) ha visto le vendite triplicare e, una settimana dopo l’arrivo dei contagi in Italia, figurava tra i 50 libri più venduti su Amazon, mentre Cecità di José Saramago (pubblicato nel 1995) ha addirittura conquistato il podio. Il primo racconta di un’epidemia che colpisce la città algerina di Orano, mentre il secondo di un morbo che fa perdere la vista. Sui social sono molto consigliati I promessi sposi di Alessandro Manzoni e il Decameron di Giovanni Boccaccio. A sorpresa il coronavirus sta rimescolando le classifiche dei libri in modo inatteso.
UNA LEZIONE PER I SOVRANISTI
Dal Madagascar a Mauritius, dalla Giamaica alle Seychelles, dall’Iraq a Israele, porte chiuse per gli italiani. Più di dieci finora i Paesi che hanno alzato un muro per fermare gli arrivi dalla Penisola, e la lista continua ad aumentare. British Airways ha sospeso molte tratte per l’Italia, American Airlines e Delta hanno bloccato i voli per Milano. In Francia Marine Le Pen preme affinché vengano controllate le frontiere con il nostro Paese. E così l’Italia, che fino a poco tempo fa bloccava i porti, ora subisce a sua volta i blocchi e si ritrova quasi sigillata nei propri confini. Insomma, stiamo sperimentando sulla nostra pelle la sensazione di venire rifiutati. Almeno però il coronavirus sta spogliando del suo fascino il sovranismo: in molti adesso iniziano a vederlo per quello che realmente è, un’arma a doppio taglio.