Vanity Fair (Italy)

I lavori delle donne

- DARIA BIGNARDI

« Cara Daria, sono Valeria e ti scrivo di getto per dare spazio a un pensiero che mi assilla. Sono la maître del ristorante dove ogni tanto venivi a pranzo sui Navigli, ci siamo sempre sorrise molto, ma non ti ho mai parlato di me. Lo faccio adesso. Io sono cresciuta in una famiglia dove non esistevano differenze tra uomo e donna: mio padre cucinava per noi e mia madre lavorava per realizzars­i ed è diventata tra le prime donne ingegnere aerospazia­le. Ho preso la passione per la cucina da lui.

Anche io come mia madre sono una donna che mantiene la sua famiglia, perché mio marito fa l’educatore di comunità e con il suo stipendio non paghiamo nemmeno l’affitto.

Il ristorante dove lavoravo non riaprirà e la fase 2 di questa quarantena mi impedirà di cercarmi un altro lavoro perché dovrò occuparmi di mio figlio che ha cinque anni. Quel poco che guadagna mio marito vorremmo tenercelo stretto. Sono solo una tra le tante, tantissime donne di questa quarantena che dovresti raccontare. In queste settimane mi sono resa conto che si è dato per scontato il ruolo che le donne sono andate a ricoprire in silenzio e con senso di responsabi­lità. Ci siamo chiuse in casa con i nostri bambini e siamo diventate maestre oltre che mogli, madri, colf e badanti e tutto questo sembra normale in

quanto donne. Qualcuna a fatica è riuscita a fare smart working, ma nel momento in cui si è in due a farlo è comunque lei che si occupa anche dei figli. Perché? Diverse mie amiche sono state messe sotto pressione dalle aziende e non sono riuscite a mantenere gli standard – sfido chiunque a lavorare con un bambino piccolo rinchiuso tra quattro mura a cui non puoi dire di giocare da solo per otto ore – e sono state licenziate. E ora, la fase 2? Che succederà? Le scuole giustament­e saranno chiuse e far entrare una tata in casa è una responsabi­lità di contagio ed economica che in poche deciderann­o di accollarsi. L’unica possibilit­à che vedo per dare voce a questo disagio sociale, a questa frattura culturale, è parlarne il più possibile. Alzare la voce, anche se non ci viene facile. Pretendere che la politica si faccia carico di questo problema perché le generatric­i di futuro non possono non aver voce per cambiare il futuro. Siamo noi che facciamo la differenza. Ho letto che i Paesi che reagiscono meglio al virus sono quelli guidati da donne e non mi sono stupita perché noi siamo abituate a lavorare nelle emergenze proteggend­o tutti tranne noi stesse. Ecco, non lasciamo che si approfitti­no della nostra forza. Ti mando un abbraccio – come scrivi nei tuoi post – così: audace e illegale».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy