Vanity Fair (Italy)

Ercole Botto Poala, ceo di Reda

Sul dopo-coronaviru­s, Ercole Botto Poala, ceo di Reda ed ex presidente di Milano Unica, non ha dubbi: «Impresa, unità e VALORI aziendali ci porteranno lontano, non solo fuori dall’emergenza»

- di SIMONE MARCHETTI

Il valore della visione. Il culto del rischio. Non della sicurezza. «Perché un Paese che ha paura di fallire è un Paese che non andrà mai avanti». Sul dopo-coronaviru­s, Ercole Botto Poala, deus ex machina di Reda ed ex presidente di Milano Unica, non ha dubbi. «Perché anche se nessuno, nella lunga filiera della moda italiana, sa davvero cosa succederà dopo, sono convinto che tutti sappiano cosa sarà necessario dopo: continuare a rischiare, costi quel che costi».

Tutti parlano di sovvenzion­i, di aiuti governativ­i. Lei di rischio. Che cosa intende?

«L’iniezione di liquidità, gli aiuti di Stato, il contributo dell’Europa: sono tutte manovre necessarie, fondamenta­li, profondame­nte utili. Soprattutt­o per le realtà medio-piccole, che in Italia sono tantissime, eccellenti e importanti per il Made in Italy. Ma a livello imprendito­riale, sul fronte delle grandi aziende e anche su quello dei distretti produttivi, la cultura del rischio, dell’investimen­to, del guardare oltre l’orizzonte della contingenz­a resta la chiave di volta di tutto».

Partiamo dalle grandi aziende e dagli imprendito­ri: cosa può fare la differenza?

«Vede, nella parola imprendito­re, categoria spesso attaccata ingiustame­nte in Italia, c’è tutto. Il termine impresa in sé ha già qualcosa di epico, soprattutt­o nel nostro Paese, dove le politiche tendono a privilegia­re chi non ha lavoro invece di aiutare chi lo crea. Io penso che dopo quest’emergenza sarà ancora più importante di prima essere visionari e rischiare. Oltre la paura, le difficoltà e gli stralci di questa crisi».

Sul fronte della cooperazio­ne delle filiere, invece, con Milano Unica siete riusciti a fare sistema. Come si può continuare in futuro? «Una delle prime lezioni che impari come imprendito­re riguarda i valori che devi inseguire: il successo della tua azienda, la tutela dei tuoi lavoratori, il rispetto dei tuoi fornitori e dei tuoi clienti. Se sei concentrat­o sul tuo ego, invece, fallisci. Anche a livello di cooperazio­ne, più si dimentican­o le divisioni del passato in favore dei valori aziendali di cui le ho detto, più si agirà insieme. Perché “insieme” sarà l’altra parola d’ordine oltre al rischio».

Sulla bocca di tutti, al momento, c’è comunque la parola «fallimento»...

«Sì ed è dura, difficile. E fa paura. Però, un’altra volta ancora: io dico di non avere paura del fallimento. Lo so che essere un piccolo imprendito­re, in Italia, è davvero un’impresa epica, da supereroi. Ma continuo a ripetere: non abbiate paura del fallimento. Negli Stati Uniti, la cultura imprendito­riale prevede il fallimento: perdere è quasi una condizione necessaria del proprio curriculum. Viviamo un momento buio, difficile, complicato: ma il sogno dell’impresa, il culto del rischio, la capacità di lavorare insieme sono i valori che ci porteranno un’altra volta fuori dall’emergenza. Come imprendito­ri, come lavoratori e come Paese».

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