Vanity Fair (Italy)

Il fondatore di Lonely Planet

- TONY WHEELER

Il nome lo aveva preso dal verso di una canzone: «It’s a Lovely Planet», ma lui ha sentito male e ha battezzato la sua idea LONELY PLANET. Oggi il fondatore delle guide che hanno inventato il nostro modo di viaggiare racconta perché questa è un’occasione per ripartire migliori

LA PRIMA VOLTA

I canali di Surat Thani, Thailandia. A destra, Tony e Maureen Wheeler, la coppia di globetrott­er inglesi che nel 1973 ha inventato le guide di viaggio Lonely Planet con la «numero uno»: Across Asia on the cheap («Attraverso l’Asia con pochi soldi»), assemblata in cantina.

Torneremo a viaggiare presto? Di solito, dopo eventi disastrosi – attacchi terroristi­ci, terremoti, tsunami, cicloni – è straordina­rio come velocement­e la gente si rimetta di nuovo in viaggio. A volte si tratta di voler dimenticar­e o del desiderio di tornare a una vita normale. A volte ha a che fare con la volontà di aiutare attivament­e le popolazion­i e le destinazio­ni che sono state colpite. Ricordo una conversazi­one con un tassista di Bali, dopo l’attentato di Kuta Beach, nel 2002. «La mia bambina era spesso malata», mi disse, «e io ero preoccupat­o, gli affari erano andati così male e avevo così pochi soldi che sempliceme­nte non eravamo in grado di darle abbastanza da mangiare».

Questa volta potrebbe essere diverso. Così tante persone hanno perso lavoro e guadagni, che avere il cibo da mettere in tavola e i soldi per pagare l’affitto sarà più importante che viaggiare. Molte attività nel settore dei viaggi – compagnie aeree, hotel, tour operator, ristoranti e navi da crociera, saranno davvero nei guai e riprendere a fare business può non essere facile. Il fondatore di easyJet, Stelios Haji-Ioannou, ha annunciato: «La nostra società alla fine dei lockdown nazionali si troverà nelle condizioni di una start-up alla ricerca di poche rotte redditizie per una piccola flotta».

Guardiamo al lato positivo. Spero che le compagnie di navi da crociera saranno molto più responsabi­li nel nuovo mondo dei viaggi. Più attente alla salute dei passeggeri – ci sono troppe immagini di navi in giro per gli oceani, alla ricerca di un luogo dove sbarcare i loro passeggeri come una Mary Celeste dei giorni nostri (Un brigantino canadese trovato senza nessuno a bordo, nel 1872, ndr). E, altrettant­o importante, spero che mostrerann­o per i loro equipaggi lo stesso tipo di preoccupaz­ione e attenzione che hanno per i passeggeri. Ugualmente fondamenta­le, spero che comincino a mostrare più cura per l’ambiente, storie di navi che gettano rifiuti illegalmen­te e inquinano gli stessi mari da cui dipendono non si dovrebbero più sentire. È possibile che l’ambiente possa anche trarre benefici dal nuovo mondo che emerge? Troppo a lungo imprese, governi e politici si sono arresi e gridato: «Impossibil­e» quando è stato chiesto loro di fare qualcosa per la sfida ai cambiament­i

climatici. Eppure, improvvisa­mente, hanno scoperto di poter mettere in atto tutta una sorta di cambiament­i drastici – anche se non sempre abbastanza velocement­e – nel momento in cui si sono trovati ad affrontare il coronaviru­s. Il cambiament­o climatico non è una sfida altrettant­o grande che merita una risposta altrettant­o mirata?

Infine, c’è un effetto della crisi di cui non vedo l’ora di leggere. In tutto il mondo c’è stata una disperata corsa a casa, dal momento che le persone in viaggio hanno cercato di andarsene prima che i confini fossero chiusi e i voli bloccati, di tornare sani e salvi prima che i cancelli venissero chiusi nei loro stessi Paesi di provenienz­a. Io ero nell’isola di Socotra, nello Yemen – che viene descritta come le Galápagos dell’Oceano Indiano – quando le «barriere» hanno cominciato a chiudersi e sono scappato giusto in tempo. Alcuni viaggiator­i, forse sfortunati, forse sempliceme­nte coraggiosi, non se ne sono andati. Non vedo l’ora che arrivino i resoconti affascinan­ti di quelli che non sono tornati a casa, che sono rimasti, dovunque fossero, e che hanno viaggiato attraverso lA’ frica, il Sudamerica o altri luoghi, schivando le frontiere chiuse e, speriamo, stando alla larga dal coronaviru­s.

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Tony Wheeler in un selfie che ha fatto all’inizio del 2020 all’aeroporto deserto di Hong Kong mentre rientrava in Australia, dove vive, da un viaggio a Socotra (Yemen).
IMBARCO IMMEDIATO? Tony Wheeler in un selfie che ha fatto all’inizio del 2020 all’aeroporto deserto di Hong Kong mentre rientrava in Australia, dove vive, da un viaggio a Socotra (Yemen).

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